‘C’ero una volta’ è il romanzo di esordio della scrittrice Buffy Cram edito da NN. La Cram, abilmente, tesse una trama che tiene sul filo sospeso lettori e lettrici attraverso una scrittura asciutta e puntuale. Il libro narra il legame tra madre e figlia attraverso un’America disagiata che si aggrappa ai sogni. Quindi, c’era una volta Elizabeth, una bambina in balia di una madre ai margini della società canadese. E c’è ancora Elizabeth, ormai quasi adulta, che ha appena finito di scontare parte di una pena ricevuta a seguito di un crimine efferato
“La pelle mi si raffredda. Assomiglia a una persona che potrei aver conosciuto tanto tempo fa. Ma lei mi conosce? Sa quello che ho fatto?”
È proprio sulla bidimensionalità del prima e del dopo l’errore commesso da Elizabeth, che si snoda la narrazione. In ‘C’ero una volta’, infatti, l’autrice canadese Buffy Cram disegna una vicenda tipica dell’America contemporanea.

La scelta di presentare subito un evento tragico, determinante per le sorti dei protagonisti, è un espediente che ottiene l’effetto scontato di mantenere l’attenzione del lettore, conferendo al racconto, un’aura di fatalismo che impregna la storia, seguendo uno stile narrativo che recentemente anche alcune serie televisive statunitensi hanno sperimentato come vincente.
L’assenza di originalità nella costruzione della trama tuttavia viene compensata dal carattere preciso e asciutto della scrittura di Cram, che fornisce con pochi tratti descrizioni accurate.
“Trovai una scatola sul piano della cucina e ce la misi dentro. Ricordo di averci messo anche tutta la mia tristezza…”
C’ero una volta: i passi verso il baratro
La vita di madre e figlia è impantanata nel disagio della povertà e della malattia mentale, che ghettizzano gli ultimi senza alcuna possibilità di riscatto.
Nel delirio dei medicinali e dell’incoscienza, intraprendono un viaggio senza ritorno verso la California attraverso il quale vivranno come vagabonde fingendosi sensitive presso le stazioni di servizio che incontrano, fino a incappare in una comunità hippy in cui ogni membro lavora con l’obiettivo di generare un cambio nella società ordinaria.
Non è sufficiente però rincorrere il sogno americano per vederlo realizzato; in questo caso sembra non avverarsi. Madre, e figlia partner coattiva, lo inseguono, ma ogni passo che intraprendono non conduce più avanti, bensì più in basso, in un vortice a spirale verso il baratro.
“Mi chiesi quanti di loro avessero una madre a casa, e quanti l’avessero persa strada facendo.”
Il disagio senza tempo e luogo
Le distanze dunque si allungano e la fatica di riuscire ad arrivare a una situazione migliore si misura in miglia macinate sulle autostrade, prima canadesi poi americane.
Il libro sembrerebbe un romanzo di formazione, ma capiamo subito che il disagio che ci viene raccontato è senza tempo e senza luogo. Benché identificabile in un punto geografico e in un momento temporale preciso del recente passato, è impossibile non andare con la mente al malessere steinbeckiano di “Furore”, dei reietti che attraversano il continente americano con la speranza di una vita migliore.
La destinazione è la California e la felicità, nel mezzo c’è la vita beffarda della fine anni ’70, piena di tumulti, di rivendicazioni, di utopistiche promesse, dell’allunaggio e della guerra in Vietnam.
“A volte mi arriva una zaffata di profumo, lì, proprio davanti alla porta d’ingresso, alzo gli occhi e vedo Rainbow che sfreccia nel buio delle stanze – non lei come sarebbe adesso, ma com’era, e allora capisco che il passato non mi vuole ancora lasciare in pace. È un animale vorace che mi sta alle calcagna.”
La forza dell’amore
‘C’ero una volta’ però va in controtendenza rispetto all’immaginario collettivo e ci fa essere spettatori dell’altra faccia della medaglia: non arriva l’abbagliante luminosità delle comunità hippy, nella luce tiepida del ricordo i personaggi sono sporchi, fetidi.
Si percepiscono l’orrore e il ribrezzo che Elizabeth prova, si annusano i mal odori che precedono personaggi e situazioni, come presagi di ulteriore sventura.
E il prima e il dopo sembrano raccontati attraverso lenti diverse; prima una visione della realtà confusa, offuscata, drogata, che diventa più chiara dopo; prima il miraggio del sole californiano guida l’animo e le speranze, poi il grigio inverno canadese raffredda entusiasmi e prospettive di vita; prima la sporcizia, gli odori più vividi che lasciano spazio a un ambiente rarefatto e asettico.
Le differenze emergono anche dallo stile di scrittura, che appare più sciolto e fruibile nelle descrizioni del prima, più didascaliche nel dopo, tanto che viene quasi da chiedersi se a scrivere sia stata un’altra persona, ma non si hanno gli strumenti per capire se la scelta stilistica sia intenzionale o casuale.
Irrompe però in tutto il romanzo la forza dell’amore che una figlia prova incondizionatamente per la propria madre, nonostante errori, fallimenti, cadute.
L’immediata tenerezza che si prova per una ragazza maltrattata si mescola, a poco a poco, con il germe del dubbio, l’incognita della malattia mentale e la conseguente percezione che fa apparire gli uomini vittime e carnefici di loro stessi.
Laura Vespa
Biografia
Buffy Cram è una scrittrice, imprenditrice e agricoltrice canadese. Ha esordito nel 2012 con una raccolta di racconti, “Radio Belly”.
È stata finalista al Western Magazine Awards, nominata per il Pushcart Prize e ha vinto il National Magazine Award per la non fiction.
“C’ero una volta” è il suo primo romanzo.
C’ero una volta
Buffy Cram
Traduzione Laura Gazzarrini
Ediziore NN
Collana La Stagione 2025
Genere Romanzo
Anno 2025
Pagine 384