Un delitto ancorato nel passato, e una giovane e determinata reporter, Benedetta Allegri, in cerca di una chance professionale. La protagonista infatti sente che la storia da seguire sia interessante e altrettanto enigamatica. ‘Nelle sue ossa’ di Maria Elisa Gualandris è una gran bella scoperta: l’autrice scrive un romanzo dinamico, affascinante e avvincente, in cui l’ambientazione incantevole del Lago Maggiore arricchisce la narrazione che promette di essere tesa e coinvolgente già dalle prime pagine
La provincia italiana è protagonista assoluta del romanzo di Maria Elisa Gualandris, ‘Nelle sue ossa‘, edito da Bookabook. Nell’affascinante cornice mozzafiato di Verbania e tutta la zona del Lago Maggiore si dipanano le vicende della giovane reporter Benedetta Allegri che collabora con il giornale online “Il Maggiore”.
Il romanzo è narrato in prima persona dalla vivace e caotica reporter Benedetta Allegri. Attraverso il suo energico flusso di coscienza, trascina il lettore nella sua vita quotidiana da giornalista precaria, sempre alla ricerca di storie interessanti e con il desiderio di dare una svolta alla sua carriera.
Spera, infatti – costantemente -, che l’opportunità professionale tanto attesa possa trovarsi dietro l’angolo, e forse, questa svolta l’ha finalmente trovata.
Un pizzico di romanticismo
La trama affonda le sue radici nel passato, nel 1978, con il ritrovamento di resti ossei durante un restauro in una villa sul Lago Maggiore. Questo evento riapre un caso di scomparsa che tutti avevano ormai dimenticato: quello di Giulia Ferrari, che svanì nel nulla senza lasciare alcuna traccia.
Come in ogni buon giallo, le indagini di ciascun reporter si scontreranno con quelle degli investigatori, in questo caso con quelle dell’affascinante commissario Giuliani, che aggiunge un tocco di romanticismo alla vicenda.
Tuttavia, la protagonista deve anche fare i conti con molte persone che sembrano avere un forte interesse e premura affinché questo evento venga archiviato per sempre. Per questo motivo, Benedetta non si arrende e vuole approfondire ulteriormente la questione per far luce sulla verità.
Nelle sue ossa: un caso avvincente
Le trecentoventuno pagine di questo romanzodunque scorrono via in un batter d’occhio. La narrazione fluisce con vivacità ed è appassionante, distinguendosi per la capacità della Gualandris di cambiare tono, passando dai momenti di grazia e leggerezza a scene più oscure e cariche di suspense.
L’insieme non delude, anzi, mantiene alte le aspettative del lettore con un susseguirsi crescente di eventi intriganti.
I personaggi sono delineati con saggezza, rivelando una cura profonda nel loro sviluppo. La protagonista, la cronista Benedetta Allegri, spicca per la sua complessità e originalità, unite in un equilibrio perfetto con un’aura di naturalezza e credibilità, che la rende estremamente autentica.
Un libro che trascina nell’indagine
L’autrice possiede uno stile di scrittura che si distingue per la sua piacevolezza, incisività e vivezza, senza mai cadere nell’approssimazione. A tratti, l’emozione permea le pagine, conferendo una profondità e una risonanza emotiva che toccano il cuore di chi legge.
Il finale è confezionato con maestria: lascia il lettore con una sensazione di perfezione che risuona a lungo nella mente.
Nel mondo dei gialli, infatti, è sempre più difficile trovare storie che riescano a innovare e a non dare la sensazione del già letto, ma in un noir d’esordio, tale sensazione può essere giustificata. I soggetti devono prendere la propria strada e assumere una propria identità, e qui si può constatare un ottimo intreccio dall’inizio.
‘Nelle sue ossa’ è il primo capitolo di una trilogia che, nei prossimi appuntamenti, esamineremo più in dettaglio su Brainstorming Culturale.
È uno di quei libri che catturano e trascinano nell’indagine, appassionando e mantenendo un ritmo avvincente. La Gualandris di conseguenza è stata una piacevole rivelazione e il suo romanzo vi sorprenderà altrettanto.
Andrea Di Sciullo
Biografia
Maria Elisa Gualandris, laureata in Filosofia all’Università Cattolica di Milano, è nata a Stresa e vive a Verbania.
Giornalista professionista, collabora con il quotidiano “La Prealpina”, Vco Azzurra Tv e altre testate locali. Ogni mattina conduce su Rvl La Radio il programma “Giornale e caffè”.
Nel 2016 è nato il suo blog, “I libri di Meg”, per condividere la passione per la lettura.
È stata finalista al concorso Giallo Stresa nel 2013 con il racconto “Pesah”, pubblicato nell’antologia “Giallolago” (Eclissi).
A marzo 2021 è uscito il suo primo romanzo, “Nelle sue ossa”, pubblicato dalla casa editrice More Stories.
“Il messaggio che vorrei che la protagonista dei miei tre libri – Benedetta Allegri – trasmettesse ai lettori è che non bisogna mai arrendersi né smettere di credere nei propri sogni. Spero che infonda un po’ di ottimismo in un’epoca in cui sembra sempre la negatività a prevalere“
Abbiamo conosciuto la giornalista Maria Elisa Gualandris grazie alla lettura dei suoi libri, che segnano il suo esordio come scrittrice di gialli. L’autrice così ci racconta il suo mondo narrativo che prende vita attraverso le pagine dei suoi romanzi, insieme alla protagonista Benedetta Allegri, sulla quale la stessa Gualandris offre uno sguardo approfondito.
L’autrice ci ha aperto le porte del suo universo creativo raccontandoci della sua ispirazione rispetto la sua trilogia – “Nelle sue ossa“, “Come il lago” e “La cacciatrice di fantasmi” -, di come solitamente – per lei – nasce un personaggio e di come ha disegnato proprio l’Allegri, che la rispecchia, seguendo un istinto quasi materno.
La Gualandris inoltre condivide anche alcuni preziosi punti di vista sulla carriera giornalistica e il suo pensiero che abbraccia il senso di giustizia che – occupandosi lei di cronaca locale -, in questi tempi contraddittori, è difficile da rincorrere ma per una giornalista significa denunciare “tutto quello che ‘non torna’ e non aver paura di scavare“.
Maria Elisa Gualandris, abbiamo letto i suoi libri che vedono protagonista Benedetta Allegri, una giovane reporter-investigatrice che aspira a fare della sua passione un lavoro. Come è nata l’idea della trilogia?
“Inizialmente non pensavo a una trilogia, dal momento che avevo scritto il mio primo romanzo e pensavo che l’esperienza sarebbe terminata così. Però poi mi sono resa conto che Benedetta Allegri, la protagonista, aveva ancora qualcosa da raccontare e ho lasciato il finale parzialmente aperto. E poi, come si sa, non c’è il due senza il tre. Con il terzo libro ho pensato di chiudere il cerchio e di dare tutte le risposte. Ho comunque lasciato la possibilità di un quarto romanzo, anche se al momento non è ancora in lavorazione.”
Come nasce di solito un personaggio e in che modo poi lo si delinea?
“I miei personaggi sono sempre costruiti su persone che ho realmente conosciuto, ma non come alter ego, bensì mischiando elementi del carattere, della professione e di altri aspetti di vari soggetti. Amo i miei personaggi e per me diventano poi molto reali, tanto che li porto con me anche dopo aver terminato la scrittura. Per me un personaggio deve essere realistico, credibile, e vorrei che tra il lettore e il personaggio si creasse un rapporto di empatia. Poi succede che i personaggi mi stupiscano. Ad esempio, il commissario Giuliani era nato per essere un antagonista di Benedetta, ma poi ha preso sempre più corpo, diventando un co-protagonista.”
Quanto c’è di lei in Benedetta?
“Moltissimo. A parte il fatto che facciamo lo stesso lavoro, in lei di me ci sono la curiosità e la voglia di scoprire sempre cosa c’è dietro l’apparenza delle cose, il legame con la famiglia e gli amici e l’amore per il lago.”
Come si è appassionata e avvicinata, da scrittrice, al genere letterario del giallo?
“Mi sono avvicinata al giallo da lettrice, ma in generale la voglia di scrivere è nata dal grande amore per la lettura, che mi accompagna da quando sono piccolissima.”
A tal proposito, chi è lo/la scrittore/scrittrice che l’ha ispirata particolarmente?
“Nel giallo posso dire che è iniziato tutto grazie ad Agatha Christie, con i libri che prendevo in prestito in biblioteca e divoravo.”
Il giallo molto spesso può essere un mezzo molto efficace per raccontare l’attualità, non trova?
“Lo è sempre di più, credo che sia un’ottima opportunità per affrontare temi sociali e moltissimi autori lo fanno. Del resto, quando si parla di omicidi e di delitti si riflette anche sul male e ciò che spinge le persone a oltrepassare il confine della legalità e tra il bene e il male.”
Di solito in un noir l’investigatrice – in questo caso -, cerca sempre di fare giustizia. In un’intervista lei ha affermato che il suo personaggio è sempre obiettivo di fronte ai fatti: lei quanto crede nella giustizia visto che si occupa di cronaca locale?
“Ho molta fiducia nella giustizia, anche se purtroppo non sempre le cose vanno come dovrebbero e le vittime non riescono a ottenerla. Per questo credo che un buon giornalista non debba mai fermarsi alle apparenze, ma fare bene il suo lavoro denunciando tutto quello che ‘non torna’ e non aver paura di scavare.”
Quanto è faticoso in questi tempi così contraddittori dare fede, appunto, alla giustizia?
“È difficile credere nella giustizia quando si sentono, ad esempio, casi di uomini che pur avendo aggredito o minacciato una donna rimangono in libertà e poi alla fine la uccidono. Oppure casi di condanne esigue per delitti molto gravi. Ma credo che nella maggior parte dei casi il sistema funzioni e ci sono tantissime valide persone sia nelle forze dell’ordine che nella magistratura.”
Dalle sue pagine emerge una descrizione affettuosa ed amorevole del territorio del Lago Maggiore: cosa è per lei la terra natia?
“Per me è il luogo che ho amato e odiato da sempre. Rappresenta la provincia, con tutti i suoi difetti, ma anche un panorama splendido, una natura meravigliosa che è diventata anche parte di me. E poi qui vivono tutte le persone a me care e quindi, anche se mi allontano, poi torno sempre a casa.”
Benedetta Allegri incarna i sogni e le speranze di molti giovani che vogliono intraprendere il percorso del giornalista. Lei, da professionista del settore, cosa si sente di suggerire?
“Credo che sia un percorso molto difficile. È una professione complessa, che richiede molta passione e spirito di sacrificio. Ma dà anche grandissime soddisfazioni. Purtroppo, come per Benedetta, il lavoro precario e spesso condizioni economiche vergognose spingono molti ad abbandonare. E non è giusto.”
La trilogia della giovane Benedetta Allegri ha saputo sorprendere poiché ci ha restituito un personaggio sincero e genuino, una ragazza in cui tutti potrebbero riconoscersi. È questo lo scopo nel disegnare e pensare a una figura che può essere un esempio per chi legge?
“Spero che sia un personaggio positivo. Il messaggio che vorrei che Benedetta trasmettesse ai lettori è che non bisogna mai arrendersi né smettere di credere nei propri sogni. Spero che infonda un po’ di ottimismo in un’epoca in cui sembra sempre la negatività a prevalere.”
Qual è il libro che è stato essenziale per la sua formazione e perché
“‘Piccole donne’ di Louise May Alcott. Mi ha fatta sognare e mi sono identificata in Jo e come lei ho sempre cercato di realizzare i miei sogni. Ma ce ne sono molti altri, da ‘Peter Pan’ a ‘I fratelli Karamazov’. Ogni libro può essere essenziale.”
Cosa è per lei la scrittura?
“La scrittura per me è libertà, la possibilità di vivere tutte le vite che vorrei. È anche un grande impegno e purtroppo non posso dedicare a essa tutto il tempo che vorrei. Ma mi basta sapere che c’è e farà sempre parte della mia vita, così come la lettura.”
Infine, quali sono i suoi progetti futuri e che consiglia a chi desidera approcciarsi alla scrittura?
“Consiglio innanzitutto di leggere molto. Di essere umili, di non pensare che sia facile e che il mondo dell’editoria stia aspettando la nostra opera. Consiglio anche di informarsi, seguendo editor e scrittori che danno consigli anche gratuitamente tramite i social. E di andare avanti con tenacia e pazienza, che poi i risultati arrivano.”
Andrea Di Sciullo
Ringraziamo Maria Elisa Gualandris per la sua disponibilità all’intervista e per il tempo dedicatoci.
Un caso viene dal passato. Un “fantasma” che cerca verità e giustizia per il suo stesso delitto è un pazzo che ha fatto un macabro scherzo oppure c’è del vero dietro allo sconcertante, criptico e sinistro messaggio di un ascoltatore? Benedetta Allegri dovrà scoprirlo da sola fra le ombre del passato e quelle nella sua vita nell’ultimo capitolo delle sue avventure da detective: ‘La cacciatrice di fantasmi’
“Cammino lungo il lago che è azzurro e calmo e mi sento già meglio. C’è qualche turista, ma la stagione deve ancora partire e mi godo la quiete prima dell’invasione di luglio e agosto. I pensieri prendono il volo, al ritmo dei miei passi.“
Sul nostro magazine abbiamo recentemente approfondito la trilogia avvincente che vede protagonista la giovane e instancabile reporter Benedetta Allegri.
Dopo i sorprendentiNelle sue Ossa e Come il Lago, le avventure misteriose della detective giungono al capitolo finale con ‘La Cacciatrice di Fantasmi’, nato sempre dalla vivace penna di Maria Elisa Gualandris.
L’autrice piemontese ha saputo così intessere con sagaciatre trame dai differenti registri e dalle narrazioni snelle, incoraggiando il lettore a proseguire la lettura dei suoi tre testi dallo sfondo enigmatico. Un esordio davvero inatteso.
“È finita un’epoca. Anche io sono diversa. Fa un po’ male, ma è giusto così. Devo crescere, trasformarmi. Perdere qualcosa di quella che ero e guadagnare in esperienza. Ci vuole coraggio per diventare grandi.”
Una nuova vita per Bennedetta
Benedetta Allegri ha finalmente trovato stabilità nella sua vita. Attualmente, occupa un ruolo fisso in una radio locale, conducendo un programma mattutino incentrato sulla cronaca quotidiana.
Tuttavia, la sua esistenza è permeata da cambiamenti significativi, come la decisione coraggiosa di porre fine alla relazione con il suo fidanzato. Inoltre, si è lasciata alle spalle i sentimenti che nutriva per il commissario Giuliani.
Nonostante la risolutezza del personaggio nel cercare nuove opportunità di crescita, non tutto è idilliaco. Alcune incomprensioni infatti minacciano la sua solida amicizia con Viola e Francesco.
“Èpossibile che Giuliani voglia raccontarmi la verità sul suo passato. E se non lo facesse, devo chiedergliela io. Stasera o mai più.”
Il richiamo degli spettri
Come già suggerisce il titolo, ‘La Cacciatrice di Fantasmi’ è innanzitutto una storia di spettri che vengono dal passato. Mentre è in onda, Benedetta riceve un messaggio da un misterioso ascoltatore, Michele, che sostiene di essere scomparso nel 1993 sulle montagne del Val Grande: “Nell’estate 1993 sono morto”.
La richiesta di Michele di far luce sulla sua morte cattura l’attenzione di Benny, il cui fiuto investigativo suggerisce che dietro a questa vicenda possa celarsi qualcosa di intrigante.
La trama si complica ulteriormente quando Benedetta si ritrova a confrontarsi con le ombre del passato, incluse quelle che risiedono nel suo cuore. Il ritorno del commissario Giuliani dalla sua esperienza romana infatti porta scompiglio e caos nella vita già tumultuosa della stessa.
La cacciatrice di fantasmi: un crescendo di bravura e suspense
Maria Elisa Gualandris dunque dimostra ancora una volta la sua abilità narrativa. La prosa cresce in maniera rigogliosa e solida di capitolo in capitolo, risultando convincente e accattivante, spigliata e appassionata.
La sua capacità di mescolare il giallo con la narrativa rosa conferma la Gualandris come uno dei talenti più interessanti nel panorama del noir italiano
Il contesto del Lago Maggiore e dei suoi dintorni inoltre merita una menzione d’onore. La bellezza straordinaria di questo territorio viene vissuta intensamente grazie alla maestria con cui la scrittrice la descrive, facendo sentire al lettore di essere lì presente, come se vivesse in prima persona ogni momento della narrazione.
La speranza è che Maria Elisa Gualandris torni presto con nuove storie, poiché il suo modo trascinante di raccontare cattura l’attenzione in modo straordinario. ‘La Cacciatrice di Fantasmi’ conferma così la sua posizione di spicco nel nostro mondo letterario.
Andrea Di Sciullo
Biografia
Maria Elisa Gualandris, laureata in Filosofia all’Università Cattolica di Milano, è nata a Stresa e vive a Verbania.
Giornalista professionista, collabora con il quotidiano “La Prealpina”, Vco Azzurra Tv e altre testate locali. Ogni mattina conduce su Rvl La Radio il programma “Giornale e caffè”.
Nel 2016 è nato il suo blog, “I libri di Meg”, per condividere la passione per la lettura.
È stata finalista al concorso Giallo Stresa nel 2013 con il racconto “Pesah”, pubblicato nell’antologia “Giallolago” (Eclissi).
A marzo 2021 è uscito il suo primo romanzo, “Nelle sue ossa”, pubblicato dalla casa editrice More Stories.
Con ‘Come il lago’, Maria Elisa Gualandris continua la sua saga delle peripezie professionali della reporter Benedetta Allegri. Questa volta l’autrice contestualizza la giovane in trasferta come copywritera Milano dove, apparentemente, sembra vivere una vita lontana da delitti e misteri. Tuttavia la protagonista non ci metterà molto per tornare al suo vecchio amore: l’indagine e il giornalismo
Con Nelle sue ossaabbiamo introdottole avventure della giovane reporter Benedetta Allegri intenta a risolvere la sua prima indagine. In ‘Come il lago’, il proseguo della saga di Maria Elisa Gualandris, il panorama viene completamente rivoluzionato, trasportando la giornalista detective dal suggestivo Lago Maggiore al vibrante scenario milanese.
Qui, Benedetta si reinventa momentaneamente come copywriter, abbandonando a malincuore la sua carriera giornalistica. Lasciandosi alle spalle misteri e intrighi che la appassionano, la nostra eroina si trova ora nella frenetica Milano, dove cerca un nuovo equilibrio con Andre, dopo che il commissario Giuliani è stato trasferito a Roma.
Benedetta sembra aver davvero cambiato la sua vita, ma i guai, inesorabili, la raggiungono sempre. Sulle rive del suggestivo Laghetto delle Streghe, Benny scopre il cadavere di una donna. Quando la figlia della vittima chiede il suo aiuto, Benedetta non può esimersi dall’indagare e far luce su questo mistero.
Una scrittrice convincente
Con il suo secondo libro, Maria Elisa Gualandris piazza un altro colpo vincente. Sa amalgamare il lato più romantico con la durezza implacabile della cronaca e della vita quotidiana.
Benedetta Allegri emerge come un personaggio straordinario: una giovane donna con debolezze e insicurezze, ma che sa tirare fuori una spiccata sagacia e determinazione quando deve investigare. La sua energia positiva è di fatto trascinante così come il suo amore spontaneo per la giustizia e per arrivare sino in fondo alle questioni.
In Benedetta dunque è facile identificarsi e riconoscersi, si ha la sensazione, leggendo pagina dopo pagina e immergendosi nel suo fantastico flusso di coscienza, che lei sia una di noi,cosa che non capita spesso con i protagonisti di un giallo.
L’umanità e la fallibilità di Benedetta sono ciò chela rendono umana e accattivante. Caratteristiche, queste, che catturano il lettore, il quale si lascia coinvolgere nella sua vicenda, sentendo una naturale simpatia e finendo con l’empatizzare con lei.
Una grande maturità narrativa
‘Come il lago’ rappresenta un notevole avanzamento e miglioramento dell’impianto narrativo rispetto al suo predecessore.
La scrittrice, pertanto, qui dimostra di saper appassionare con linearità, senza cadere nel semplicismo, riuscendo a coniugare la leggerezza del romanzo rosa con il fascino avvincente del giallo, sapendosi addentrare in modo preciso nelle contraddizioni sociali e nella stretta attualità italiana.
Maria Elisa Gualandris si conferma come una scrittrice capace di avvincere senza eccessi, posizionandosi indiscutibilmente tra i talenti emergenti nel mondo del giallo.
Andrea Di Sciullo
Biografia
Maria Elisa Gualandris, laureata in Filosofia all’Università Cattolica di Milano, è nata a Stresa e vive a Verbania.
Giornalista professionista, collabora con il quotidiano “La Prealpina”, Vco Azzurra Tv e altre testate locali. Ogni mattina conduce su Rvl La Radio il programma “Giornale e caffè”.
Nel 2016 è nato il suo blog, “I libri di Meg”, per condividere la passione per la lettura.
È stata finalista al concorso Giallo Stresa nel 2013 con il racconto “Pesah”, pubblicato nell’antologia “Giallolago” (Eclissi).
A marzo 2021 è uscito il suo primo romanzo, “Nelle sue ossa”, pubblicato dalla casa editrice More Stories.
‘Sonetti e poesie d’amore’ racchiude una buona parte della produzione poetica di Anna De Brémont, poetessa vissuta tra Ottocento e Novecento, sconosciuta in Italia. Valeria Di Felice traduce i suoi testi e le restituisce un meritato valore nel panorama letterario, riportando l’attenzione sulla voglia di affermazione e indipendenza delle donne. L’amore è il centro della raccolta, sentimento senza tempo che smuove l’anima e continua ad ispirare e far riflettere intere generazioni
Le mappature poetiche per quanto possano sembrare operazioni interessanti a volte tendono a escludere voci che meriterebbero di essere conosciute o approfondite. Fortunatamente c’è ancora chi compie operazioni di recupero scegliendo di focalizzare l’attenzione sulla produzione letteraria di autori che in Italia non sono mai apparsi.
Valeria Di Felice sceglie di tradurre le poesie di Anna De Brémont, donna poliedrica che visse tra Ottocento e Novecento, esprimendo tutta la sua creatività spaziando tra canto, teatro, letteratura e giornalismo. Un’immagine femminile innovativa e intraprendente che ha attraversato un’epoca molto florida per il panorama letterario anglosassone e americano.
Una figura intraprendente e scandalosa
Per orientarci meglio dobbiamo far riferimento ad alcuni nomi dell’epoca come Charles Dickens, Henry James, Joseph Conrad.
‘Sonetti e poesie d’amore’ a cura di Valeria De Felice la quale traduce le opere di Anne De Brémont – pubblicato da Di Felice Edizioni -, raccoglie buona parte della produzione della poetessa nata a New York da immigrati irlandesi intorno al 1852.
Frequentatrice di diversi salotti letterari come quello della madre di Oscar Wilde, l’autrice si fa conoscere nell’ambiente culturale per le sue opere, i suoi atteggiamenti alquanto scandalosi e gli evidenti sperperi economici.
Il volume è strutturato in quattro sezioni: “Serie di dodici sonetti”, “Mattina sul capo”, “Poesie d’amore” e “Miscellanea” corredato da due note della curatrice, una biobibliografia della Brémont e un’altra intitolata “Dipingere con le parole i volti dell’amore”.
L’amore è al centro di tutto
I testi in inglese con a fianco la traduzione in italiano che troviamo all’interno vanno a comporre un cantico intenso e profondo che pone al centro l’amore, inteso nelle sue molteplici forme. L’amore quindi universale, anche se l’autrice dedica le sue poesie al marito, il Conte Léon De Brémont.
Si accede così a una poesia classica che abbraccia gli elementi della natura e i sentimenti, mantenendo una musicalità costante anche attraverso l’utilizzo delle rime.
Sole e luna diventano un riferimento essenziale per scandagliare l’intimità di una donna che ama senza riserve: “Il sole è tramontato, nessun debole bagliore giunge/a lenire il petto in fiamme della terra; da est/s’insinua la gelida brezza della notte ora che il giorno è finito”. L’assenza, l’attesa, la gelosia, la riconciliazione, sono solo alcune delle tematiche affrontate in versi attraverso l’ascolto interiore e l’osservazione del cosmo.
Ci sono anche dei testi che fanno riferimento a Cleopatra, la regina dell’antico Egitto, amante di Giulio Cesare e Marco Antonio, donna colta e affascinante. Un accostamento che ci riconduce alla considerazione della donna che sa conquistare per le sue capacità e affinità interiori.
Brémont infatti ha uno sguardo che va oltre e anticipa di molto la voglia di emancipazione femminile, la sua sete di conoscenza sfida le convenzioni sociali e la conduce verso ambiti professionali diversi.
Valeria Di Felice offre al lettore una voce sconosciuta ai più, ma significativa per l’intensità espressiva. Questo lavoro ha richiesto sicuramente studi approfonditi, ricerca e una dedizione alla traduzione. Non è facile riuscire a trasferire da una lingua all’altra le intenzioni poetiche, ma Di Felice è riuscita a valorizzare ogni parola, rendendola attuale, del nostro tempo.
Michela Zanarella
Biografia
Valeria Di Felice fonda nel 2010 la Di Felice Edizioni, casa editrice italiana specializzata nella poesia. Ha pubblicato varie raccolte poetiche che sono state tradotte in arabo, nederlandese, romeno, spagnolo.
Nel 2016 ha curato l’antologia poetica“La grande madre. Sessanta poeti contemporanei sulla Madre”, mentre nel 2017 la miscellanea di critica e poesia “Alta sui gorghi” e nel 2019 il volume Antonio Camaioni, “Nell’ordine del caos”.
Nel 2018 ha tradotto, in collaborazione con Antonella Perlino, il libro di racconti della scrittrice marocchina Fatiha Morchid, “L’amore non è abbastanza” e nel 2023 la raccolta poetica “Sonetti e poesie d’amore” di Anna De Brémont.
“Sento che gli insegnanti credono nei giovani, e forse quel divario si sta piano piano accorciando, ma la strada è lunga. Dobbiamo credere di più nei giovani e nelle loro idee. Quello è il futuro“
È stato impossibile non riflettere a lungo dopo l’ultima intervista: la trasformazione che molti di noi stanno cercando di apportare per migliorare il contesto in cui viviamo, sempre più complesso e preoccupante, si fa ogni giorno sempre più necessaria.
La violenza per le strade, il lavoro mal retribuito, i disagi psicologici, il cambiamento climatico; sembra quasi che non ci sia soluzione a tutti questi problemi. Eppure, la scorsa volta, Cinzia Scaglione ci ha raccontato come – nel proprio piccolo – qualcosa si possa fare; avvicinando le persone tra di loro, partendo dai giovani, insegnando agli stessi prima di tutto ad ascoltarsi e – grazie a questo – a saper ascoltare gli altri: una capacità sempre più rara – un ottimo punto di partenza che a cascata gioverebbe su tante altre cose, se non quasi tutte -.
Oggi, invece, con Marta Mondini, collaboratrice redazionale all’interno di un’agenzia editoriale e mamma di due gemelli di 5 anni, vogliamo riagganciarci al discorso scuola e un particolar modo sul rapporto genitori, insegnanti e istituti scolastici.
Marta Mondini: la realtà scolastica percepita da genitrice
Il mondo in cui viviamo infatti è in costante evoluzione, d’altronde è sempre stato così; l’essere umano si evolve di pari passo con la tecnologia e l’ambiente, tentando di sopraffare i bisogni dell’altro, per assecondare la silente – ma pressante – richiesta di essere a tutti i costi iper-performante.
Come possiamo aiutare questo processo distruttivo a venire meno, a rallentare?
Tale domanda spesso risuona nella mia testa senza trovare una risposta precisa, ma facendone emergere diverse. Nell’eco di queste parole ho notato quanto continuasse ad essere ricorrente il termine cultura, e quanto fosse imponente la responsabilità scolastica, proprio perché è lì che iniziamo a tutti gli effetti ad essere animali sociali, uscendo dal guscio, affacciandoci in un ambiente del tutto sconosciuto.
Sono passati anni da quando ero studentessa e – a parte le notizie sui giornali e le informazioni attraverso validissime pagine social – mi sono resa conto di non avere una reale idea di come sia cambiata questa istituzione, di come studenti, insegnanti e genitori interagiscano tra loro per formare e formarsi.
Quello che ho tentato di fare, è stato porre alcune domande a chi – attraverso i propri figli – torna in quell’ambiente, seppur del tutto diverso, in un’altra veste: quella del genitore; di mamma in questo caso.
Marta così mi ha dedicatoparte del suo tempo per raccontarci uno spaccato di questa realtà tanto importante da far spesso discutere.
Marta Mondini, come è cambiata la scuola rispetto a quando eri tu la studentessa?
“Da una parte sono cambiate le insegnanti, i metodi pedagogici, l’idea che si ha dei bambini e degli adolescenti; dall’altra è cambiata un po’ la ‘mission’ dei maestri che spesso e volentieri non hanno scelto di ricoprire questo ruolo, ma si sono ritrovati ad interpretarlo. Questo sicuramente è andato ad intaccare il sistema scolastico in generale, ancora di più. Però per tante cose la scuola, ora, è decisamente più attenta ai problemi psicologici e alle mancanze degli studenti, e questo mi sembra un bellissimo passo in avanti.“
L’istituzione scolastica dovrebbe essere fondamentale non solo per la formazione, ma anche per l’educazione degli studenti. Pensi che riesca in questo compito?
“Non sono convinta che l’educazione di uno studente spetti all’insegnante. L’educazione si sviluppa in famiglia e trova riscontro nella società, di cui fa parte la scuola e quindi anche gli insegnanti. In un mondo perfetto in cui tutti ci comportiamo tenendo a mente il rispetto per l’altro e il benessere della comunità non ci si porrebbe questa domanda. Agli insegnanti spetta il compito di istruire come siamo arrivati ad ottenere diritti, leggi e anche obblighi morali, ma l’esempio lo deve dare la società di cui tutti facciamo parte.“
Ad oggi si parla moltissimo dell’inserimento dell’educazione sessuale, cosa ne pensi?
“In Italia viviamo in un periodo storico dove la violenza di genere è giornaliera, palpabile e culturale. Il difetto è nel chiamarla ‘educazione sessuale’, dovrebbe affrontare invece il tema dell’emotività. I ragazzi sono sempre più fragili, insicuri, narcisisti e frustrati dal fallimento, anche sentimentale. Si dovrebbe invece insegnare che fallire non è la fine, che perdere un affetto non è la fine e che il rispetto reciproco porta all’equilibrio, sia interiore sia nella coppia. Trovo davvero assurdo che sulla tematica ci sia un dibattito politico, che non guarda all’essenza della proposta, ma pone cavilli morali della tradizione cattolica italiana. Eppure, mi sembrava che fosse Gesù ad aver detto ‘ama il prossimo tuo come te stesso’; i ragazzi non sembrano più in grado di farlo e allora si deve intervenire quando sono piccoli, per crescere adulti più maturi e consapevoli. Dunque, sono assolutamente d’accordo nell’inserire questa ‘nuova materia’.“
Nell’articolo precedente abbiamo parlato anche di confronto tra gli studenti attraverso corsi teatrali, al fine di empatizzare l’uno con l’altro. Credi che già da piccolissimi si dovrebbe cercare questa relazione?
“Fortunatamente in alcuni istituti si svolgono corsi sia di musica sia teatrali: trovo l’iniziativa strepitosa perché permette ai ragazzi di uscire e rientrare in sé stessi arricchiti. D’altronde le arti sono sempre state l’espressione della società, di un sentimento, ma anche il manifesto delle incrinature culturali.”
In una realtà multietnica e interreligiosa cosa è meglio dell’arte per avvicinare i ragazzi?
“Pittura, musica e recitazione dovrebbero entrare in pieno nei programmi scolastici di tutte le fasce di età.”
Differenze tra maschi e femmine: quanto sono evidenti tra i banchi di scuola e quanto si cerca realmente di arginare il problema?
“Tantissimo, ho due figli della stessa età, gemelli maschio/femmina, e posso garantire la differenza c’è ed è anche evidente. Un bambino vivace è visto come simpatico e brillante; una bambina vivace è sopra le righe, irrequieta, in conflitto con sé stessa. Eppure sono la stessa madre, l’ambiente in cui crescono è il medesimo e i giochi che usano sono gli stessi. Cambia l’atteggiamento che l’insegnante ha nei loro confronti. Dalle bambine ci si aspetta che stiano più nel loro ruolo, che siano più delicate, più inquadrabili. A me è stato detto che mia figlia dovrebbe stare ‘nei suoi anni’, perché è troppo matura per la sua età e questo genera fastidio. Ma si sa, per le donne è tutto più complesso, anche nella scuola sin da piccolissime e ancora la strada è lunga per appianare le differenze di genere.“
E riguardo le differenze culturali, religiose, economiche, cosa cerca di fare la scuola?
“Questa è una domanda davvero spinosa a cui rispondere. Da un punto di vista istituzionale la scuola cerca di fare di tutto per migliorare l’integrazione e l’inclusività. Parlo della scuola per l’infanzia che frequentano i miei figli e posso dirvi che tutte le attività scolastiche ed extrascolastiche hanno questo obiettivo. Per chi ha problemi economici ci sono agevolazioni e/o fondi, le attività extra sono coperte dall’istituto. Detto ciò spesso sono gli stessi genitori che non sanno di poter accedere a questi fondi, si vergognano a richiederli, oppure non sanno come fare perché il gap linguistico è molto ampio. Forse servirebbero degli sportelli specifici, in modo che in forma più o meno anonima – chi ha la necessità – possa fare richiesta senza avere il timore dello stigma sociale. Per quanto riguarda invece le differenze culturali e religiose posso dire che è una domanda che si pongono gli adulti, i bambini non se ne rendono neanche conto.”
Cosa vorresti che la scuola facesse in più?
“Che ci fosse più sostegno psicologico alla genitorialità. Avere sportelli nelle scuole sarebbe una bellissima iniziativa anche per aiutare quelle centinaia di genitori stranieri che devono crescere i propri figli in una terra che non è la loro, in una lingua che non gli appartiene, con consuetudini sociali molto distanti per background culturale. Credo che accompagnare queste persone e farle sentire capite e sostenute sarebbe un bellissimo esempio di integrazione che si rifletterebbe anche sugli studenti. Sarei felice se l’iniziativa fosse applicata anche alle famiglie italiane, perché il carico emotivo è tantissimo e confrontarsi sulle proprie paure e perplessità sarebbe stupendo, soprattutto di qualcuno che ti dica che stai facendo un buon lavoro, perché questo è.“
Trovi che genitori e docenti cerchino di raggiungere un obiettivo comune, o che – al contrario – ci sia ancora troppa distanza?
“Dipende dalle situazioni, dal carattere del bambino e dall’indole dell’insegnante, nonché dal contesto socioculturale. Io trovo che ci siano situazioni particolarmente virtuose in cui famiglia e corpo docenti lavorano in forte sinergia, in altre situazioni invece questo affiatamento viene a mancare. Di base vanno anche considerate la legislatura e la burocrazia all’interno delle quali si barcamenano i docenti, un sistema che non consente continuità. Se una classe è costretta a cambiare insegnante nella materia principale ogni anno, diventa difficile fare programmi e progetti a lungo termine. In base alla mia esperienza mi viene da dire che al netto di tutte le difficoltà c’è una buona intesa e mi sembra che la direzione sia la stessa.”
Pensi che tra insegnanti e studenti invece si cerchi di andare verso la stessa direzione?
“Penso che ultimamente, anche dopo gli episodi violenti della polizia con cariche contro gli studenti, si sia creata ancora più intesa tra i due gruppi. Sento che gli insegnanti credono nei giovani, e forse quel divario si sta piano piano accorciando, ma la strada è lunga. Dobbiamo credere di più nei giovani e nelle loro idee. Quello è il futuro.“
In base alla tua esperienza personale, come si relazionano gli insegnanti con i più piccoli?
“Per i più piccoli c’è tanta attenzione alle nuove teorie pedagogiche, si curano molto gli ambienti in cui crescono cercando di incentivare l’autonomia, ma come detto prima alla fine ci si scontra sempre con un retaggio culturale che è molto forte da sradicare. Per cui, le buone intenzioni ci sono tutte, sulla carta.“
Se potessi decidere quale cambiamento apportare in questo contesto, quale sarebbe?
“Cambiare radicalmente il calendario scolastico evitando che gli studenti arrivino all’estate stanchi e stravolti. In più è praticamente impossibile dal punto di vista economico sostenere le spese di tre mesi di vacanza per chi lavora. Mi piacerebbe che ogni istituto proponesse un calendario di attività in estate che non hanno niente a che vedere con la didattica, ma che consentissero, anche a chi non se lo può permettere, di far praticare sport ai proprio figli, uscite nei musei, ma anche teatro, concerti e così via. Un momento di stacco dallo studio, ma di arricchimento e che non sia un peso sulle famiglie e soprattutto sulle donne.”
L’intervista è terminata, ma non posso lasciare nessuna nostra ospite senza averla prima sottoposta alle ultime tre domande, quelle che ormai mi piace definire la coccola di ‘Rivoluzione Donna’.
Quale è stata/è una figura femminile per voi importante?
“Virginia Woolf, attivista nei movimenti femministi, perché all’interno delle sue opere ha sempre trattato il ruolo della donna nella società sapendo anticipare il futuro.“
Un’opera femminile che ha avuto un’influenza nella vostra vita
“Scelgo un libro, anzi due: ‘”‘Ogni mattina a Jenin’ di Susan Abulhawa e ‘Leggere Lolita a Teheran’ di Azar Nafisi“
Un augurio o un’esortazione rivolta a tutte le donne
“Li rivolgo a mia figlia. Non spaventarti se sei arrabbiata, io sono qui. Non smettere mai di fare domande, son qui per ascoltarle. Sono i progetti a fallire, non le persone.”
Anche questa volta, non mi sento di dover aggiungere altro.
Spero solo che anche questa rubrica possa contribuire ad educare, incoraggiare e svegliare le menti.
Dobbiamo volerla questa rivoluzione!
Silvia Bruni
Ringraziamo di cuore Marta Mondini per la sua disponibilità.
A Palazzo Bonaparte – Nuovo Spazio Generali Valore Cultura – di Roma, sito in Piazza Venezia,sarà possibile recarsi alla mostra di ‘Escher’, prorogatafino a domenica 5 maggio. Curata da Federico Giudiceandrea, uno dei più importanti esperti di Escher al mondo, e da Mark Veldhuysen, CEO della M.C. Escher Company, dimostra quanto ancora l’artista olandese possa coinvolgere la collettività e diramare il suo ingegno
“Per me è ancora da chiarire se il gioco di figure bianche e nere […] appartenga al regno della matematica o a quello dell’arte.”
La mostra del pittore e genio olandese, ‘Escher’, è stata prorogatafino al 5 maggio prossimo. Un’occasione per recarsi a Palazzo Bonaparte capitolino in Piazza Venezia e immergersi nella totalizzante e ipnotica esperienza.
Mano con sfera riflettente – 1935
L’incisore e grafico olandese, durante la sua esistenza si è occupato appunto di incisioni su legno, litografie e mezzetinte che, nelle sue opere, presentano costruzioni incredibili e irrealizzabili nella realtà, grazie alle quali si impara ad esplorare sia l’ingegno sia la visione personale dell’artista.
Si può quindi entrare nell’intangibile infinito, nelle tassellature – figure geometriche che, ripetute all’infinito senza essere sovrapposte, coprono una superficie – del piano e dello spazio in cui motivi geometrici creano figure interconnesse tra loro che, in modo graduale, acquistano forme differenti, donando movimento ai quadri stessi.
Escher: sperimentare con vivacità
L’esposizioneinterattiva, curata da Federico Giudiceandrea e Mark Veldhuysen, è ben organizzata: la scelta è ricaduta su circa 300 opere dell’artista che invitano i visitatori anche a sperimentare, a entrare nelle opere dello stesso e a divertirsi al contempo.
Metamorfosi II – 1939
Un’immersione a tutto tondoper vivere la sensazione di sentirsi dentro l’opera d’arte e scattare qualche foto da portarsi dietro come ricordo.
L’introduzione alla mostra è un video che illustra l’enigmatica figura di Escher dal quale emerge la sua personalità eclettica e non solo: si va dalla bellezza dei cubi agli scacchi e ai quadretti, elementi che già dagli esordi appartenevano ai layout dell’artista, che tuttora influenza le attuali generazioni, fino a giungere al suo soggiorno italiano e all’importanza della sua filosofia di pensiero.
“Ero incredibilmente interessato al paesaggio del Sud Italia. Alle influenze dei Mori come ad esempio quei tetti tondeggianti…L’ho trovato affascinante.”
L’Universo geometrico
Le geometrie hanno definito Escher da subito: le forme cicliche, le costruzioni impossibili, gli schizzi impenetrabili e i disegni paradossali delineano la sua arte che tuttavia include anche quei paesaggi naturali del nostro Paese, protagonisti delle sue incisioni, per poi evolvere nella trasformazione delle immagini.
In effetti, è possibile ammirare laserie dei dodici “Notturni romani” prodotta nel 1934, che ritraggono i luoghi dell’Abruzzo, della Calabria, della Sicilia, e i dintorni di Pogerola, Rossano, Siena, Ravello, Amalfi e Roma.
“La sera disegnavo la meravigliosa, bellissima architettura di Roma di notte, che mi piaceva di più di quella alla luce del giorno. Le passeggiate notturne sono il più meraviglioso ricordo che ho di Roma”.
Le otto sezioni abbracciano i periodi in cui Escher si è espresso con la sua arte: Gli inizi, Italia, Tassellature, Metamorfosi, Struttura dello spazio, Paradossi geometrici, Lavori su commissione, Eschermania. Ci si perde dunque tra Art Nouveau, curiosità, i panorami italiani, tassellature, mutazioni, spazio, geometrie paradossali, ciclicità, relatività, concavo e convesso per, in conclusione, affascinarsi con la ricostruzione del suo studio, i quadri luminescenti e le grafiche dei biglietti di auguri.
Escher: il percorso sorprendente
Le tavole sono molte e affascinanti. Tutte testimoniano una precisione della tecnica incisoria. Osservarle attentamente significa avvicinarsi ad esse e carpirne gli elementi, anche quelli più piccoli, che non si possono cogliere da una visione marginale.
Gatto bianco – 1919
“Gatto bianco”, “Ritratto di Jetta”, “Cattedrale sommersa”, “La musica”, rimandano al microcosmo del bianco e nero, in cui macchie bianche o linee rette verticali raffigurano i primi lavori.
Proseguendo il percorso espositivo altresì si rimane stupiti dalle opere in cui la natura diviene protagonista assoluta e l’artista gioca con panorami che si possono definire apocalittici o addirittura meccanici – la serie “Pofondità” è un esempio – come alcune immagini più tranquillizzanti ritraggono gli animali nel loro ambiente.
Rimangono impressi, inoltre, “Pozzanghera”, “Tre mondi”, “Sfere” e “Goccia di rugiada” dalla precisione millimetrica, in cui in qualche modo ci si vede riflessi insieme alla complessità dei disegni.
Colori brillanti
Un excursus trascinante che dal b/n sconvolge i piani e introduce anche il colore con i famosi patterns, forme che si ripetono su una superficie circoscritta: “Cigni”, “Vermi piatti”, “Giorno e notte”, “Metamorfosi II” e tanti altri ci fanno conoscere il mondo delle illusioni attraverso sagome ripetute più volte che, a volte, da strutture architettoniche o da parti geometriche si trasformano in volatili, donando un senso di estrema libertà.
Non manca il senso della circolarità con le “Spirali”, le famose sfere e “Vincolo d’unione”, per sentirsi avvolti e un tutt’uno con i movimenti del cosmo. E quelle architetture elaborate dove l’uomo si ritrova in percorsi costruiti come contorti labirinti di infiniti sali e scendi.
Sognatore, creativo e intuitivo
‘Escher’ è un viaggio tra xilografie, astrattismo, patterns dai colori vivaci, grafiche disegnate per la rivista “Emblemata”, per confluire nelle architetture in b/n e nei giochi esperenziali-prospettici in cui di certo prevalgono regole logiche e matematiche.
Giorno e Notte – 1938
Questo spiega il perché Escher è tutt’oggi apprezzato da scienziati e fisici, e attrae gli architetti, i quali prediligono l’uso che l’artista faceva dei solidi dalle facce piane poligonali, delle distorsioni geometriche e infine della lettura originale dei concetti appartenenti alla scienza.
È difficile quindi paragonare Escher ad altri artisti del suo tempo, poiché la tecnica dell’incisione non lo accosta di certo ai pittori dell’epoca.
È piuttosto da considerarsi unosperimentatore: le sue opere possono definirsi esercizi mentali dell’interpretazione della spazialità attraverso l’uso maniacale della matematica e dei numeri, che alla fine creano spazi 3D che si ripetono in loro stessi.
La reiterazione infinitesimale dunque non fa altro che accelerare la percezione geometrica dello spazio che, raggiunta la velocità giusta, ci fa vedere la realtà.
Escher pertanto può essere percepito come un sognatore, intuitivo e creativo. Ci rende spettatori della sua visione del mondo che, nonostante esuli dalle nostre percezioni, ci catapulta in un’altra dimensione senza l’ausilio – per paradosso – di sostanze alcooliche o stupefacenti.
Significativi infine gli stimoli percepiti dai suoi viaggi che hanno reso le sue opere memorabili: il fatto che Escher abbia inoltre voluto trascorrere parte della sua vita in Italia, simboleggia che il nostro Paese ha delle qualità di ispirazione ineguagliabili.
Annalisa Civitelli
Foto dal web
Escher
Palazzo Bonaparte
dal 31 ottobre 2023 al 5 maggio 2024
Nuovo Spazio Generali Valore Cultura
Piazza Venezia 5, Roma
Orari
dal lunedì al giovedì: 9.00 – 19.30
venerdì, sabato e domenica: 9.00 – 21.00
La biglietteria chiude un’ora prima
Informazioni e prenotazioni
Tel. + 39 06.8715111
Patrocinio
Comune di Roma – Assessorato alla Cultura
Ambasciata e Consolato Generale del Regno dei Paesi Bassi
Prodotta e organizzata da Arthemisia
in collaborazione con la M. C. Escher Foundation e Maurits
Curata da Federico Giudiceandrea – uno dei più importanti esperti di Escher al mondo – e da Mark Veldhuysen, CEO della M.C. Escher Company
Sponsor Generali Valore Cultura
Special partner Ricola
Mobility partner Atac e Frecciarossa Treno Ufficiale
Media partner la Repubblica e Urban Vision
Hospitality partner Hotel de Russie e Hotel de la Ville
Nel suo libro ‘L’Iliade cantata dalle dee’, Marilù Oliva offre una reinterpretazione audace e innovativa dell’immortale epopea omerica, spostando l’attenzione dalle tradizionali narrazioni eroiche maschili per dare spazio e voce alle figure femminili che popolano l’universo della guerra di Troia. L’autrice si avventura in una rilettura che mette al centro le dee, le eroine e le figure marginalizzate dalla narrazione classica, offrendo loro una scena principale su cui esprimere desideri, sofferenze, strategie e azioni
“Perché questo sono le donne, se giovani e belle: mera merce di scambio. Se poi gli anni sono trascorsi e le ha abbandonate Ele, la dea della giovinezza, esse non valgono più nulla.”
Già autrice di diversi bestseller sui temi della mitologia classica per la casa editrice Solferino, Marilù Oliva si pone come esperta del settore e riporta in vita la guerra di Troia da una prospettiva fresca e inesplorata: quella delle donne. Da Afrodite a Teti, da Cassandra ad Atena, fino ad arrivare ad Elena ed Era, ogni voce femminile diviene cruciale per comprendere gli eventi che si susseguono. Ciò che emerge è un racconto che sfida le convenzioni, rivelando come le narrazioni eroiche possano essere reinterpretate e arricchite attraverso le esperienze femminili.
L’approccio dell’Oliva rappresenta, quindi, un’intenzionale riflessione sul ruolo delle donne nella mitologia e, per estensione, nella società antica e contemporanea. Riportando al centro della scena dee ed eroine, ‘L’Iliade cantata dalle dee’ si inserisce nel dialogo più ampio delle tematiche di genere e potere, invitando i lettori a riconsiderare la storia e la letteratura attraverso una lente critica inclusiva.
Inoltre, questa reinterpretazione arriva in un momento storico in cui la rilettura dei classici attraverso nuove prospettive è non solo ben accetta, ma necessaria. Offrendo spazio alle storie delle dee e delle eroine, l’autrice colma un vuoto narrativo e fornisce un contributo significativo al dibattito culturale sui classici e la loro rilevanza nel mondo moderno.
“Cantate, vi prego quello, che accadde davvero. Quello che voi soltanto sapete. Ciò che avvenne in battaglia, nei palazzi, nelle stanze sommesse, nelle tende del nemico, nei templi imperturbabili ma anche nei nostri cuori. Se in questa guerra siamo state zittite, voi che potete travalicare i fossati del tempo, vi prego: raccontate le nostre verità.“
L’Iliade cantata dalle dee: una sinfonia corale
Come ogni epopea degna di questo nome, anche questa reinterpretazione moderna dell’Iliade inizia con un proemio. Tuttavia, a differenza dell’apertura tradizionale che invoca il sostegno di una singola Musa, questo inizio si distingue per un richiamo collettivo a tutte le Muse, a tutte le entità femminili che hanno giocato un ruolo attivo nella storia narrata da Omero.
In effetti, l’opera di Marilù Olivasi rivela essere una sinfonia corale, un intreccio di voci che esprimono pensieri e sentimenti profondamente femminili. Le figure protagoniste non si limitano a narrare le vicende belliche e le loro atrocità; piuttosto, dedicano ampio spazio a riflessioni intime, offrendo una rappresentazione della guerra di Troia filtrata grazie a una lente di empatia squisitamente femminile.
Questo approccio permette di esplorare il conflitto non solo come evento storico o mitologico, ma come esperienza umana vissuta e sofferta, arricchendo la narrazione di una profondità emotiva e una comprensione più complessa degli eventi.
“Poi una schiava è una schiava e Patroclo sapeva che Achille l’avrebbe almeno provata. Così dicevano tra di loro: le donne si provano. Quanto è liscia la pelle. Quanto resistono ai colpi. Quanto sono mansuete. Se la loro bocca profuma del giacinto o della menta appena colta. Se il cuore batte forte come quello di una lepre. Perché le concubine sono soloun oggetto per ricevere sollievo dall’impellenza, l’esercito lo ha ben chiaro.“
La voce delle donne echeggia nella battaglia
Nelle note finali si legge: “Nel poema originale non ci sono donne che agiscono attivamente, eccezion fatta per le dee, che a ogni modo restano sottomesse alla volontà di Zeus e, le poche volte che gli si ribellano, rischiano grosso. Così ho pensato di cercarle, di scovare i loro sogni e di rivelare ciò che – in linea immaginaria – magari è stato taciuto.”
Per ogni donna presente in questa narrazione, esiste una gradazione unica che va dalla tristezza, alla rabbia, alla rassegnazione, che scaturisce dal proprio vissuto.
Atenaosserva con disapprovazione l’arroganza e l’ambizione che permeano una guerra nata con lo scopo di vendicare un torto, ma che in realtà è mossa unicamente dalla cupidigia.
Si legge di Elena che aborrisce il fascino della propria bellezza, rimanendo impassibile, priva di affetto per le figure maschili che hanno attraversato il suo passato e il suo presente. Vaga inquieta tra i corridoi del palazzo reale, avvolta in un mantello di solitudine che sceglie e accoglie volontariamente, poiché è lei stessa la causa di tutto quel male.
La narrazione si dipana, poi, attraverso le voci diCassandra, Eris, Teti, Afrodite, Era e, infine, Creusa, che guidano il racconto lungo un percorso familiare, ma al contempo sorprendentemente inedito.
La prosa epica di Marilù Oliva
Lo stile narrativo diMarilù Oliva in questa Iliadeè distintivo e ricco di sfumature, caratterizzato da una prosa fluida che intreccia abilmente la voce delle dee e delle eroine della mitologia greca.
Mediante unascritturache bilanciaeleganza e intensità emotiva, l’autrice riesce a trasportare i lettori direttamente sul campo di battaglia di Troia, nei palazzi regali e nel cuore stesso delle sue protagoniste. Le descrizioni sono vivide e ricche di dettagli, permettendo di visualizzare con chiarezza scene e ambientazioni, ma anche di percepire le emozioni profonde dei personaggi.
La struttura del libro è organizzata in capitoli che si focalizzano ciascuno su una figura femminile differente, per cui la voce narrante è molteplice, ma mantiene una coerenza che guida il lettore attraverso la molteplicità di storie personali, svelando gradualmente una trama più ampia. L’alternanza di toni, dalla riflessione intima alla descrizione epica, tiene alta l’attenzione e stimola una continua curiosità.
L’utilizzo di un linguaggio che, pur attingendo al patrimonio mitologico, rimane accessibilee contemporaneo, inoltre contribuisce a creare un ponte tra il passato leggendario e il presente del lettore, rendendo ‘L’Iliade cantata dalle dee’ un lavoro che, pur radicato in un contesto antico, risuona profondamente con le sensibilità moderne.
Eleonora Cipolla
Biografia
Marilù Oliva, nata a Bologna, è scrittrice, saggista e docente di lettere. Ha co-curato per Zanichelli un’antologia sui Promessi Sposi e realizzato due antologie patrocinate da Telefono Rosa, nell’ambito del suo lavoro sulle questioni di genere. Collabora con diverse riviste ed è caporedattrice del blog letterario Libroguerriero.
Per Solferino ha pubblicato i bestseller mitologici: “L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre” (2020) e “L’Eneide di Didone” (2022), il romanzo “Biancaneve nel Novecento” (2021) e il saggio “I Divini dell’Olimpo” (2022).
Ha scritto thriller e noir di successo e con “Repetita”, il suo romanzo d’esordio, ha ottenuto diversi riconoscimenti.
“Per me le cose più importanti da insegnare agli studenti sono la tecnica e l’interpretazione. Sono infatti specializzata nell’insegnamento della tecnica e dell’espressione musicale: una tecnica eccezionale può donare alle persone molta ispirazione per l’espressione musicale“
È un piacere presentarvi il Maestro Li Jia, cha abbiamo incontrato in vista della sua imminente Masterclass che si terrà a Roma i prossimi 23, 24 e 25 luglio, che si terrà all’interno del Festival Musicale delle Nazioni – Concerti del Tempietto.
Li Jiacondivide con noi le sue esperienze e le lezioni apprese durante i suoi tour di concerti in Cina e Messico, offrendo preziose prospettive sul suo approccio all’insegnamento e alla performance.
Inoltre, rivela i suoi progetti futuri e le collaborazioni pianificate per il 2024 e oltre, fornendo un’interessante panoramica del suo ruolo come “Artista internazionale per la Pace” e membro del “Council of provincial people’s association for friendship with foreigner countries”.
Un’occasione unica per conoscere da vicino l’affascinante mondo musicale del Maestro Li Jia.
Li Jia, ci parla delle sue esperienze e delle lezioni apprese durante i suoi concerti nelle principali capitali delle province della Cina e in Messico?
“Ho suonato a Pechino, Shanghai, Nanchino (la mia città), Fuzhou, Quanzhou, Fuan, Chongqing, Wenzhou, ecc. in Cina e a Città del Messico, Guanajuato, Veracruz, Puebla, ecc. in Messico, dove tornerò quest’estate. Amo veramente il pubblico messicanoche si rivela sempre entusiasta: dopo i miei concerti, infatti, molti spettatori mi scrivono su Instagram, Facebook o via e-mail. In Cina, invece, vivo sempre belle esperienze, i miei fan mi amano, mi sostengono costantemente; anche quando di solito vengo in Europa continuano a incoraggiarmi e scrivono spesso nei miei gruppi sui social media cinesi.”
Come si prepara per una performance e quali sono le sue tecniche per affrontare lo stress e la pressione delle esibizioni dal vivo?
“Suono molto il pianoforte, di conseguenza faccio del mio meglio per trovare tempo per esercitarmi. A volte studio anche otto ore al giorno, altre invece posso esercitarmi solo per un’ora. Riguardo all’ansia, quando la percepisco, cerco di battere il ritmo con i piedi per superare il ritmo accelerato causato dalla forte emozione.”
Come si relaziona con il pubblico durante le sue esibizioni e come cerca di trasmettere la sua passione per la musica?
“Non ho mai pensato a questo aspetto, perché ritengo che ciò a cui dovrei badare sia come spiegare la mia musica e me stessa. Quello a cui il pubblico tiene, è come si sente riguardo alla mia musica.”
In che modo la sua esperienza come giudice in concorsi internazionali di musica ha influenzato il suo approccio all’insegnamento e alla performance?
“In realtà, come pianista da concerto, imparare è per me una costante, non smetto mai di apprendere. Quando di solito presenzio alle giurie dei concorsi musicali internazionali traggo molta ispirazione. Molti dei partecipanti, a volte, sono giovanissimi, anche sotto i 10 anni, ma la loro interpretazione della tecnica e dello stile è completamente naturale, quindi in quel momento ricevo da loromolti stimoli. Capisco inoltre quanto siano straordinari i talenti di oggi, pertanto cerco di insegnare ai miei studenti il modo migliore per far emergere il loro talento.”
Quali sono i compositori e le opere che preferisce eseguire e perché?
“Fryderyck Chopin. Tutti i suoi Notturni e il ‘Concerto per pianoforte n. 2’., poiché riesco a trovare me stessa attraverso la sua musica, è come se avessi una profonda connessione spirituale con la sua musica.”
In che modo la sua esperienza come “Artista internazionale per la Pace” e membro del “Council of provincial people’s association for friendship with foreigner countries” ha influenzato la sua visione della musica e del suo ruolo nella società?
“Mi interesso sempre di promuovere la pace, per questo in futuro ho in programma di creare la mia fondazione per la pace. Mi piace anche stringere buone amicizie con musicisti di diversi paesi e sono molto desiderosa di presentare eccellenti musicisti che vorrei si esibissero in Cina. Ad esempio, attualmente sto lavorando affinché il grande direttore spagnolo Francisco Maestre possa esibirsi nel mio Paese.”
Quali sono per lei i principi fondamentali-guida che la ispirano durante le sue lezioni e Masterclass,e qualile aree di competenza in cui lei si specializza e in cui i musicisti possono aspettarsi di migliorare durante le sue lezioni?
“Pe me le cose più importanti da insegnare agli studenti sono la tecnica e l’interpretazione. Sono infatti specializzata nell’insegnamento della tecnica e dell’espressione musicale, in particolare di Franz Liszt e Chopin. Ritengo infine che una tecnica eccezionale può donare alle persone molta ispirazione per l’espressione musicale.”
In che modo la sua esperienza come concertista internazionale influenza il suo approccio all’insegnamento e alla formazione dei musicisti?
“Prima dei concerti, chiaramente, preparo i brani da suonare al fine di eseguirli in modo impeccabile, infatti, durante i concerti acquisisco sempre più abilità nel suonare il pianoforte. Ho sempre attribuito grande importanza all’addestramento tecnico che cerco di restituire ai miei studenti con professionalità, poiché penso che una tecnica potente supporti l’esecuzione fluida di ogni esibizione.”
Quali sono le tecniche e gli esercizi che utilizza per aiutare i musicisti a migliorare la loro tecnica, interpretazione e performance?
“La scelta dipende dal loro livello. Per esempio, per gli studenti più giovani trovo adatti Czerny 849, 740, 299 oppure alcuni esercizi di ottave come anche la pratica di frasi passive. Al contrario, per far allenare gli studenti di livello più avanzato, scelgo alcune frasi passive prese da diversi repertori. Per tutti i livelli suggerisco a tutti gli studenti di praticare i principi razionali della tecnica pianistica di Alfred Cortot.”
Cosa consiglia e suggerisce ai musicisti che desiderano migliorare la loro preparazione per le competizioni e le audizioni
“Se riescono a padroneggiare tutte le abilità che si trovano nel libro di Alfred Cortot e di conseguenza a far emergere la loro interpretazione musicale, saranno apprezzati dai giudici e dal pubblico.”
Come si adatta alle esigenze individuali dei musicisti durante le sue lezioni e Masterclass?
“Penso di poter rispondere a ogni loro esigenza e dunque insegnare loro praticamente tutto ciò desiderano imparare.”
Quali sono le sue aspettative per i musicisti che partecipano alla sua Masterclass e come li incoraggia a superare le sfide e a raggiungere il loro pieno potenziale?
“Spero che tutti loro possano trovare l’equilibrio tra lo spiegare ciò che il compositore originale intende esprimere con la sua musica e ‘raccontare loro stessi’, nonché imparare a utilizzare diverse tecniche per creare interpretazioni diverseed esclusive.”
In che modo la sua esperienza come giudice in concorsi internazionali di musica influenza il suo approccio all’insegnamento e alla valutazione delle performance?
“Il fatto di essere giudice in competizioni internazionali mi ha permesso di conoscere la diversità degli stili di esecuzione e reputo che tutte le idee musicali meritano di essere ascoltate. Pertanto, in qualità di professoressa, ciò che devo fare è prima di tutto è rispettare le idee musicali degli studenti e poi insegnare loro le tecniche appropriate per aiutarli a ‘esprimere le proprie idee musicali’ nella musicain modo migliore .”
Durante la sua carriera in veste di insegnante qualche suo studente ha ottenuto dei successi e in che modo lei ha contribuito al loro sviluppo musicale?
“Ho una studentessa di 12 anni, Yahan Xu , la quale ha vinto un premio in un concorso musicale internazionale svizzero dopo aver studiato pianoforte per solo un anno. Quando ha iniziato a suonare il pianoforte (a 10 anni), ho notato che le funzioni delle sue dita erano adatte a movimenti veloci e flessibili, quindi l’ho allenata a praticare esercizi veloci per le dita e a entrare rapidamente in contatto con la sonata di Scarlatti, il Czerny 299 e gli studi di Moskovsky, il che ha reso le sue dita molto flessibili. Perciò penso che sia molto importante comprendere le funzioni delle dita degli studenti e scegliere una direzione di apprendimento adatta a esse.”
Quali sono i suoi progetti futuri, le collaborazioni pianificate per il 2024 e oltre e per la sua Masterclass?
“Mi esibirò di nuovo a Roma e in altre città come Sorrento, ed anche in Spagna, per poi andare a Vienna, dove collaborerò nuovamente con il ‘Vienna Beethoven Conservatory’ nell’inverno 2024 e nell’estate 2025 per la Masterclass. Successivamente farò di nuovo un tour concertistico in Messico e in Cina, per l’esattezza, nell’inverno 2024“
Come i musicisti e fan possono rimanere aggiornati sulle opportunità di apprendimento?
‘Mozart era una donna’, pubblicato da Odoya nel 2021 e successivamente nel 2023, per la traduzione italiana a cura di Laura Pettazzoni, parla delle dinamiche di genere nella musica classica. Con questo volume, Aliette De Laleu apre le porte a un mondo musicale finora celato, quello delle donne che hanno segnato la storia della musica classica. Quest’opera audace sfida le narrazioni tradizionali, portando alla luce le figure di compositrici e musiciste eccezionali, da Maria Anna Mozart alle moderne direttrici d’orchestra
Mozart era una donna? Questa domanda potrebbe sembrare un semplice gioco di parole,ma è l’inizio di una profonda riflessione che Aliette De Laleu propone nel suo libro. Una vera e propria esplorazione nel mondo della musica classica, ma con un twist: questa volta, le protagoniste sono le donne, geniali compositrici che la storia ha preferito dimenticare, oscurate dall’ombra dei loro colleghi maschi.
De Laleu, una delle voci più influenti nella musicologia francese, ci porta in un viaggio indimenticabile alla riscoperta di talenti femminili eccezionali. Con una narrazione appassionata e dettagliata, il libro è un invito a interrogarci sulle dinamiche di genere nella musica classica e sull’importanza di riscrivere i canoni per includere quelle voci che, pur avendo plasmato la storia della musica, sono state troppo a lungo trascurate.
L’autrice ci catapulta in un’epoca in cui il genio musicale era un club esclusivamente maschile, non per mancanza di talento femminile, ma per le barriere culturali e sociali che hanno relegato le donne a un ruolo di secondo piano. Il lettore vive le battaglie, i sogni infranti e le vittorie silenziose di Maria Anna Mozart, talentuosa quanto il fratello, ma finita nell’ombra; di Fanny Mendelssohn, che pubblica la sua musica sotto il nome del fratello; Alma Mahler, la cui identità artistica viene soffocata dalle figure maschili della sua vita.
La storia della musica al femminile ha radici antichissime
Come promesso dal sottotitolo, “Storia al femminile della musica classica”, il libro riscrive la storia della musica, spaziando dalle radici antiche fino all’era contemporanea. Attraverso sei capitoli densi di rivelazioni, si dipana un racconto che illumina angoli dimenticati e storie celate, iniziando da Saffo, la decima musa di Platone.
Conosciuta universalmente come poetessa, Saffoha molto a che fare con la musica: nell’antica Grecia, infatti, poesia e musica erano un tutt’uno. Saffoera così abile in questo intreccio artistico che persino il filosofo Plutarco la menziona come l’inventrice del modo misolidio, evidenziando la sua straordinaria capacità di dare forma a nuove espressioni musicali.
La musicologa francese invece ci narra di Cassia di Costantinopoli, la ribelle, e della storica divaIldegarda di Bingen, donne libere e determinate, abili nella composizione.
Divieti e rivelazioni storiche che mettono in discussione i giganti della musica
Nel capitolo che ci porta nel cuore del barocco, ci immergiamo nella storia affascinante delle orfanelle veneziane. Queste incredibili musiciste, capaci di suonare più strumenti e di cantare con maestria, furono le muse per cui Antonio Vivaldi scrisse le sue composizioni più intricate.
Poi, attraverso la figura diBarbara Strozzi, De Laleu apre una finestra sulla delicata questione degli strumenti musicali, svelando come certi strumenti fossero off-limits per le donne e come, a quel tempo, fosse loro preclusa anche la possibilità di esibirsi sui palcoscenici teatrali.
In questo capitolo, si mette in discussione anche la figura di Bach, padre della musica, talmente importante da aver decretato, con la sua morte, addirittura la fine del periodo barocco. Eppure, da un approfondito studio sui manoscritti, sembrerebbe che la sua seconda moglie, Anna Magdalena, lo aiutasse a comporre.
Si prosegue alla scoperta diHélène Montgeroult, una pianista eccezionale del periodo classico la cui storia è stata ingiustamente dimenticata. Ci introduce, poi, al caso emblematico che ha ispirato il titolo del libro:quello di Maria Anna Mozart,la talentuosa sorella di Wolfgang Amadeus.
Nonostante le sue evidenti capacità musicali, Maria Anna dovette la scena musicale per adempiere ai ruoli tradizionalmente femminili, sposandosi e allontanandosi così dal mondo della composizione e dell’esecuzione pubblica.
Le eroine del periodo romantico e le battaglie delle pioniere moderne
Attraversando il periodo romantico, la nostra guida, introduce quelle eroine che hanno lottato nell’ombra di giganti della musica come Mendelssohn, Schumann e Mahler. Ci racconta di Fanny Mendelssohn, costretta a occultare il suo genio dietro il nome del fratello; di Clara Schumann, una musicista e compositrice dal talento straordinario, che, travolta dall’amore per Robert, sceglie di mettersi in disparte per lui; e di Alma Mahler, la cui fiducia in se stessa viene erosa da ridicoli gossip, al punto da abbandonare la composizione al momento del suo incontro con Gustav.
Gli ultimi capitoli di questa avvincente “storia al femminile della musica classica”ci portano a esplorare, tra vari argomenti, il mondo della direzione d’orchestra, un terreno a lungo dominato dagli uomini. Ma è proprio nell’epoca moderna che assistiamo alle sfide lanciate da coraggiose pioniere, decise a rivendicare il loro posto sul podio. Queste battagliere della bacchetta hanno iniziato a sfondare le barriere di genere, dimostrando che il talento e la passione per la musica non conoscono confini.
Mozart era una donna: una riscrittura della storia della musica
Un dettaglio affascinante di ‘Mozart era una donna’ è l’aggiunta,alla fine di ogni capitolo,di unaplaylistcurata da Aliette De Laleu. Queste selezioni musicali invitano il lettore a un’esperienza d’ascolto che arricchisce la narrazione, offrendo un contatto diretto con le opere delle compositrici discusse e con le atmosfere dei periodi illustrati.
È un ponte sonoro tra passato e presente, che permette di apprezzare la profondità e la bellezza del contributo femminile alla musica classica, trasformando la lettura in un viaggio multisensoriale unico.
‘Mozart era una donna‘ di Aliette De Laleu non è solo una rilettura della storia della musica classica attraverso una lente femminile, ma una rivoluzione culturale che sfida secoli di narrazioni esclusivamente maschili. Attraverso storie di donne straordinarie, la giornalista e musicologa francese riconsidera non solo chi fa la musica, ma anche come questa viene raccontata.
Questo libro è un tributo alle donne che hanno plasmato la musica classica con il loro ingegno, nonostante un mondo che spesso le ha silenziate ed è anche un appello a guardare avanti, verso un futuro in cui la musica, libera da vincoli di genere, possa veramente appartenere a tutti. ‘Mozart era una donna’ è un inno alla resilienza, alla creatività e alla forza delle donne in musica.
Eleonora Cipolla
Biografia
Aliette De Laleu è una giornalista specializzata in musica classica.
Dal 2016 tiene una rubrica settimanale su France Musique, dove decostruisce i cliché, parla di femminismo ed esplora la musica tradizionale.