Il teatro Trastevere di Roma diventa per due sere la casa di “Un capitano, duecentomila chili sulle spalle”, un monologo scritto da Giulia Lombezzi grazie alla testimonianza di un vero migrante, l’egiziano Amr. Inserito tra una scenografia simbolica e bellissime luci, il lavoro è una voce tra tante, forse troppe, ma pur lasciandosi seguire con interesse, emoziona poco
Nel luglio del 2006, a soli 21 anni Amr, un pescatore egiziano, lascia il proprio paese in cerca di una vita meno dura e dalle coste della Libia si imbarca su un trabiccolo del mare verso l’Italia. In pochi giorni la sua avventura sarà davvero degna di essere chiamata tale: su e giù per l’Europa fino alla Sicilia dove quella magica sera in cui l’Italia vinse i suoi ultimi mondiali di calcio, il giovane pescatore trova una libertà che lo condannerà, però, alla clandestinità.
Ormai sembra assodato il fatto che temi così importanti, come in questo caso l’immigrazione, non riescano mai a sortire un effetto veramente efficace quando sono portati a teatro: si rischia sempre l’esasperazione, la banalità, il pietismo, la non giusta importanza oppure la mancanza di empatia da parte del pubblico.
“Un capitano, duecentomila chili sulle spalle”, incluso all’interno della rassegna Traste – Storie (dal 19 febbraio al 3 marzo), è uno spettacolo dalle ottime intenzioni eppure appare come un lavoro in cui non c’è anima: ci si limita infatti ad un monologo estremamente razionale e personale che non riesce a far presa e, in qualche modo, non trasmette un sentimento ma soltanto una cronaca.
La regia di Eleonora Gusmano definisce dei quadri che sembrano spesso piuttosto prevedibili e figli di un modo di dirigere gli spettacoli tipico di questi ultimi anni; si può contare però su un ottimo uso della luce che crea delle immagini piuttosto suggestive ed esteticamente efficaci ed elaborate.
Da solo sul palcoscenico se la cava bene il giovane Ivano Russo, il quale porta l’interezza dell’esibizione sulle proprie spalle, per parafrasare il titolo del testo, con evidente coinvolgimento: anche lui stesso, tuttavia, non si lascia di certo ricordare e sebbene la sua interpretazione sia senza dubbio valida da un punto di vista fisico, lo stesso non si può dire per la resa puramente verbale del monologo, nella quale il giovane interprete non sembra totalmente immerso.
Per il tema trattato si può dunque affermare che l’opera sicuramente cerca di far riflettere sul significato di migrazione ma di fatto sembra più che altro un racconto di viaggio duro e quadrato, quasi omerico, e molto meno una messa in scena di sentimenti più universalmente umani.
Gabriele Amoroso
Teatro Trastevere
rassegna Traste – Storie dal 19 febbraio al 3 marzo
dal 28 febbraio al 1 marzo 2019
Un capitano, duecentomila chili sulle spalle
di Giulia Lombezzi
regia Eleonora Gusmano
con Ivano Russo
musiche Lorco