Una confessione in versi sull’esistenza
“L’allodola piegata dal suo stesso canto/trasforma la sua assenza in crudeltà”
Il senso della fine e la fragilità dell’essere umano in un viaggio di esplorazione e di conoscenza tra fasi di tensione e di pace. Questa è la percezione che si ha leggendo le liriche del poeta napoletano capace di far compiere alla poesia un’immersione tra sacro e profano
Si apre con una citazione di Nicola Cusano “Il centro del mondo coincide con la circonferenza. Ma il mondo non ha circonferenza” la nuova raccolta di Stelvio Di Spigno, ‘Minimo umano’, edita da Marcos Y Marcos. Capiamo da subito che questa scelta unisce riflessioni in contrasto, immagini antitetiche. La scrittura di Di Spigno si avvale di elementi in tensione, tenendo insieme considerazioni sull’esistenza, sul senso del distacco, affrontando con acutezza poetica i limiti umani.
Il poeta guarda dall’alto il suo destino, vede scorrere il tempo, la sua vita, sa che può contare sugli affetti, quei pochi che valgono davvero: “Ora prego per chi rimane. Sono pochi, /e senza tutele. /Ancora mi amano, sono i soli”.
La raccolta si compone di alcune dediche in versi come “Ghostling” per Vera, una poesia talmente incisiva soprattutto nella chiusa da provocare una scossa nel lettore: “L’allodola piegata dal suo stesso canto/trasforma la sua assenza in crudeltà”.
La simbologia in poesia è importante, in questo caso l’allodola, considerata nelle leggende l’emblema del bene e per gli antichi dell’immortalità dell’anima, concentra tutta la tensione dei versi precedenti. Di Spigno fa compiere alla poesia un’immersione tra sacro e profano e le parole si elevano potenti nei luoghi dello spirito.
Nei momenti di solitudine riaffiorano ricordi, presenze e assenze: è continuo il riferimento ai morti. Il poeta definisce il tempo “una spola rotonda”, rivede gli anni belli e il sangue della ferita, torna la correlazione con il distacco, a quel limitato gioire per poi scomparire.
Di Spigno ripensa ai luoghi e c’è una sorta di mappatura mentale ed emozionale, c’è traccia nel bar dove si fuma ad Albano, c’è il richiamo delle chiese di Anzio, Roma, Viterbo, poi fuori Nettuno la Litoranea, Gaeta, Napoli ingorda e Monte Somma.
Il lettore si muove insieme all’autore e in questo percorso vede, sente, si emoziona. I versi, spesso taglienti e diretti, mostrano la consapevolezza di chi scrive: la vita è un passaggio temporaneo sulla terra; le persone care ci lasciano; esiste una fine, ma se il corpo si spegne, l’anima si innalza a luce.
Di Spigno fa dunque un lavoro profondo su se stesso, scava quasi ossessivamente nei lati più oscuri, scuote la memoria, medita, ascolta il cuore, si perdona. Si nota inoltre uno studio dei testi religiosi, un’attenzione particolare per la dimensione spirituale e, non a caso, ci sono richiami a feste cattoliche (la Candelora; festa della presentazione al Tempio di Gesù, celebrata dalla Chiesa il 2 febbraio) e ai pensieri di Sant’Agostino.
Il libro ‘Minimo umano’ offre la possibilità di compiere un’esperienza di meditazione sull’esistenza, tra fasi di tensione e di pace: alla fine del viaggio la vera rinascita.
Michela Zanarella
Biografia
Stelvio Di Spigno è nato a Napoli nel 1975. Per Marcos Y Marcos ha pubblicato nel 2001 “Il mattino della scelta”, nel “VII Quaderno Italiano” curato da Franco Buffoni e nel 2015 il fortunato “Fermata del tempo”. Gli altri suoi libri di poesia sono “Mattinale” (Sometti 2002, ed. Accresciuta Caramanica 2006), “Formazione del bianco” (Manni, 2007) e “La Nudità” (peQuod, 2010). Ha vinto il premio Andes, il premio Nazionale di Calabria e Basilicata e il premio Sandro Penna. Ha pubblicato due monografie: “Memorie della mia vita” di Giacomo Leopardi (L’Orientale Editrice, 2007) e “L’artificio della naturalezza”. “Da Leopardi a noi” (Agiscom, 2015). Si occupa di rapporti tra letteratura e musica contemporanea presso Università e Centri di studio privati. Insegna nei licei e vive a Roma.
Stelvio Di Spigno
Minimo umano
Edizioni Marcos Y Marcos
Collana Le Ali
Genere Poesia
Edizione 2020
Pagine 224