Giuseppe Tantillo
“Penso che non ci sia niente di più antipatico di dare una forma ai sentimenti”
Giuseppe Tantillo è un promettente attore e altre che da parecchi mesi sta riscuotendo un certo successo nei teatri di tutta Italia con “Bianco“.

Interprete di formazione classica, Tantillo si divide tra teatro e audiovisivi portando a termine a ogni suo lavoro una importante missione di indagine sull’essere umano.
Nel corso della nostra intervista, Giuseppe si mostra come un giovane uomo dalle idee molto chiare sullo spettacolo e sulla società, presentandosi come una persona profondamente intelligente e informata.
“Bianco”, lo spettacolo che lo sta facendo conoscere, è un lavoro che rende evidente la sua sensibilità come autore e che merita molte altre repliche per arrivare a più spettatori possibili.
Giuseppe Tantillo, attualmente lei è in tournée con “Bianco”, uno spettacolo che sta riscuotendo successo replica dopo replica: arrivati a questo punto, quali sono le sue impressioni su questo risultato così importante?
“Sono molto grato dell’accoglienza che ‘Bianco’ sta ricevendo, e non potrebbe essere altrimenti. Quando debutti con un nuovo lavoro non sai mai come verrà percepito, così quando senti che quello che avviene sul palco sta in qualche modo vibrando anche in sala, provi una profonda sensazione di sollievo. Ti senti un sopravvissuto. Ma il conforto dura poco, per fortuna, e subito si ripiomba nell’incertezza. D’altronde è così per tutti, da sempre. Non esiste nulla di più fragilizzante di staccare un pezzo del proprio immaginario e metterlo in scena”.
Con “Bianco” il suo nome ha iniziato a diventare piuttosto noto tra gli addetti ai lavori del teatro italiano, tuttavia qual è il suo percorso di formazione?
“Ho una formazione classica. Mi sono diplomato come attore all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’ e ho iniziato quasi subito a lavorare a teatro e negli audiovisivi. Dopo qualche anno – pochi per la verità – all’attività di interprete ho affiancato quella di autore. Sono due percorsi uguali e diversi ma profondamente legati, che si nutrono l’uno dell’altro in un movimento continuo che non è del tutto chiaro neanche a me”.
“Bianco” è un lavoro che è piaciuto all’unanimità. La storia affronta con onestà e immediatezza un tema importante come quello della malattia: dove è nata la sua volontà di parlare di tutto questo?
“Io lavoro più o meno sempre allo stesso modo. Inizio a scrivere senza sapere quello che verrà fuori. Di norma immagino due o più persone che iniziano a parlare e io le lascio fare, le ascolto, mi interesso alle loro questioni, rido alle loro battute, se fanno ridere. Dopo un po’ comincio a far loro delle domande e in quel momento è come se diventassi io stesso uno dei personaggi, quello più timido, che non vuole apparire. Poi verso la fine, intervengo per dare equilibrio e pulizia. Ma cerco di essere discreto, perché penso che non ci sia niente di più antipatico di dare una forma ai sentimenti. Insomma, per rispondere alla prima parte della domanda, non c’è alcuna premeditazione in quello che scrivo”.
Ha fatto dei sopralluoghi in strutture ospedaliere per rendere più verosimile il suo lavoro? E se sì che idea si è fatto della sanità nel nostro paese?
“Ho fatto dei sopralluoghi e ho parlato con dei professionisti che lavorano in ambito medico (oncologico). Anche perché se parli di certi argomenti non puoi permetterti di dire sciocchezze. È una questione di etica e di rispetto. Sulla sanità pubblica la mia idea è molto chiara. Penso che sia l’istituzione più preziosa della nostra democrazia e che ce la stanno sottraendo da sotto il naso. Tra un po’ sarà impossibile, e forse è già così, non passare dal privato per ricevere delle cure adeguate. E se questo non è ancora avvenuto nella totalità dei casi è solo perché gli ospedali pubblici sono tenuti in piedi dalla passione e dalla generosità di medici e operatori sanitari che ogni giorno, fra mille difficoltà, dimostrano di essere migliori di chi li amministra politicamente”.
Oltre che per il teatro, lei ha lavorato anche per il piccolo e per il grande schermo: quale area predilige e in che modo si forma per migliorare il suo lavoro?
“Non esiste per me un mezzo preferito. Mi interessa piuttosto il modo in cui si fanno le cose. Questo lavoro è un’indagine senza fine sull’essere umano. Sono dunque felice quando mi trovo in compagnia di persone che hanno la mia stessa voglia di cercare. In ogni caso la mia ricerca non si ferma mai e passa dalla fruizione di ogni forma d’arte al tenermi più informato che posso. Credo nell’accumulo e nel disordine. È lì che si trova la grazia”.
Ci sono altri argomenti che le interessa indagare e sviluppare sotto forma di copione in quanto autore e attore?
“Ci sono tantissimi argomenti che mi interessa indagare, ma la verità è che non ne posso parlare, altrimenti me li perdo per strada. Scrivere per me ha a che fare con quello che penso e non dico. Se parlo di qualcosa non ne scrivo e viceversa”.
Valentina Carli è la bravissima attrice che condivide la scena di “Bianco” con lei: come è stata scelta per il ruolo?
“Con Valentina condividiamo una stessa idea di teatro e abbiamo insieme un progetto che si chiama ‘bestfriend teatro’ (dal primo testo che ho scritto). Dunque non è stata scelta ma c’è sempre stata, dall’inizio”.
Quante altre repliche sono previste per “Bianco”?
“In questa prima stagione, ‘Bianco’ ha fatto una ventina di date. A settembre saremo a Forlì al festival Colpi di scena e in primavera a Palermo al teatro Biondo. In mezzo ci saranno altre repliche, ma in generale è un lavoro che mi piacerebbe portare in giro per qualche anno”.
Concluse queste rappresentazioni, a quali nuovi lavori si dedicherà?
“Adesso sto lavorando come attore a una serie e poi ho altri progetti di cui non posso ancora parlare. In mezzo spero anche di riposarmi un po’ questa estate”.
Ringraziamo Giuseppe Tantillo per averci raccontato di sé, della sua professione e per la sua disponibilità all’intervista.