Francesco Butteri
“Grazie ai ruoli che interpreto guarisco le mie cicatrici“
Francesco Butteri è il giovane interprete di “Armadietto 7“, lo spettacolo di Massimo Stinco che lo sta facendo conoscere al pubblico come un valido attore emergente.

Abbiamo avuto l’occasione di porre qualche domanda a Francesco, il quale ci ha raccontato alcuni interessanti aspetti di se stesso e il percorso che sta seguendo per affinare sempre di più le proprie qualità in quanto attore.
Dotato di grande gentilezza e di una spiccata simpatia, l’interprete toscano ha sottolineato i passaggi più significativi di “Armadietto 7” – che lo ha visto protagonista prima a Stoccarda con un primo studio e poi a Roma – grazie al quale Francesco ha potuto sfoderare il proprio talento e acquisire nuove consapevolezze sul suo mestiere.
Con evidente entusiamo e determinazione, Francesco Butteri ci rivela qualche anticipazione sui suoi prossimi lavori e sul futuro di “Armadietto 7”, un’opera che sicuramente rimarrà nel suo cuore.
Francesco Butteri, si sono appena concluse le repliche di “Armadietto 7” presso il teatro Off Off di Roma; si tratta di un monologo nel quale lei interpreta un giovane uomo che porta sulle proprie spalle la responsabilità per la morte del suo migliore amico: come è andata?
“È andata molto bene, sono felice. ‘Armadietto 7’ è la storia di Cosimo, il mio personaggio, un ragazzo che provoca la morte del suo migliore amico, David, in un incidente stradale. In seguito a questo evento Cosimo entra in uno stato di depressione, non vuole più vivere, non mangia, non dorme, non vuole più fare niente, ha un senso di colpa incredibile. Quando Cosimo torna nella palestra in cui andava sempre con David e prende il suo armadietto, il numero 7, inizia per lui un viaggio liberatorio. Per me questa è stata un’esperienza bellissima: lo spettacolo nasce da un’idea del regista Massimo Stinco, ma anche io ho contribuito, sia alla drammaturgia sia alla messa in scena, insomma abbiamo lavorato insieme, anche con l’aiuto regista, Leonardo Paoli. Sono potuto intervenire su alcune scene, su alcuni movimenti, di conseguenza il lavoro è stato interessante, perché oltre a interpretare questo ruolo e a cimentarmi con questo personaggio così complesso, a volte dolce, sensibile, a volte irrequieto, pieno di scatti d’ira, è stata proprio una prova attoriale importante: da solo in scena per un’ora, in un teatro prestigioso come l’Off Off. È andata veramente molto bene, poiché c’è stato proprio un contributo da parte mia nella nella costruzione dello spettacolo, delle scene, della drammaturgia”.
Che tipo di lavoro ha fatto per prepararsi a un ruolo così complesso come quello di Cosimo?
“Attraverso questo mestiere, attraverso l’arte, sto scoprendo anche me stesso; grazie ai ruoli che interpreto scavo in profondità e lavoro su Francesco, è un modo per guarire le mie cicatrici: Cosimo, nella fattispecie, è un personaggio che ha questo forte senso di colpa, io non ho vissuto una cosa simile ma sicuramente ci sono stati dei periodi della mia vita in cui per motivi diversi non ero sereno come lo sono in questo momento e magari avevo degli scatti d’ira proprio come Cosimo. Dunque, quello che ho fatto è stato un lavoro sul senso di colpa, sulla depressione, sulla necessità di prendere psicofarmaci. È stato un percorso veramente fondamentale per me, poiché ho scavato molto in profondità per dare forma al senso di colpa, a questo fardello così pesante da sostenere”.
Quali sono le indicazioni più importanti che il regista e autore, Massimo Stinco, le ha dato per realizzare lo spettacolo nel miglior modo possibile?
“Chiaramente mi ha invitato a essere molto sciolto, disinvolto, anche per quanto riguarda il discorso della nudità: ne abbiamo parlato e ci abbiamo lavorato tanto. Tutto questo me lo ritroverò anche in futuro, perché mi ha aiutato a togliere proprio tutti i freni inibitori. Come ho detto anche ai ragazzi dell’Off Off, che ringrazio, il teatro è la vita e quindi è giusto che uno faccia tutto quello che fa nella vita reale. In ‘Armadietto 7’ si vede un Cosimo davvero libero: è tranquillo, si spoglia, si riveste, si fa la doccia, si asciuga i capelli, canta a voce alta, si incazza, fa gli addominali, le flessioni. Le indicazioni di Massimo mi hanno spinto a buttarmi, a non avere timore e a divertirmi allo stesso tempo. Sì, divertirmi, per quanto il personaggio fosse complesso e alle prese con dei monologhi piuttosto drammatici. Massimo mi ha detto di divertirmi, di scatenarmi sul palco”.
Ora che le repliche sono finite, quali sono state le considerazioni che Stinco ha fatto sulla sua prestazione?
“Il primo messaggio che Massimo mi ha mandato dopo la prima di venerdì 2 maggio è stato: ‘Francesco complimenti, sei un attore!’ e, ovviamente, per me è stato molto gratificante. E mi ripeto, affrontare questo personaggio da solo in scena, con tutti questi cambi e col suo disturbo bipolare, è stato impegnativo e credo che mi abbia restituito dei sentimenti di un certo tipo. Queste cose Massimo le ha viste ed è rimasto veramente soddisfatto di tutte e tre le repliche, anche soprattutto per i riscontri che ha avuto dalla critica e dal pubblico”.
“Attraverso questo mestiere, attraverso l’arte, sto scoprendo anche me stesso; grazie ai ruoli che interpreto scavo in profondità e lavoro su Francesco, è un modo per guarire le mie cicatrici.”
Nella rappresentazione ci sono un paio di scene per le quali ha dovuto sicuramente liberarsi di una certa dose di imbarazzo: è stato difficile per lei?
“In tutti gli altri lavori che ho fatto, fiction, film o altri spettacoli teatrali, non mi era mai stato richiesto quel tipo di scene, scene che necessitano di una buona dose di disinibizione da parte dell’attore. Infatti, devo dire che Massimo ha dovuto lottare un bel po’ inizialmente, perché ero abbastanza restio a ‘lasciarmi andare’. Però, in seguito, ho capito come fosse giusto che lui me l’abbia chiesto e che io l’abbia fatto, perché quelle scene hanno davvero reso il tutto più veritiero, ed era l’obiettivo di ‘Armadietto 7’, dove tutto deve essere il più reale e naturale possibile”.
Questa opera insiste molto su interessanti sfumature che toccano lo spirituale se non addirittura il sovrannaturale: quale è il suo punto di vista in merito?
“Non ti nascondo che soprattutto da parte di mia madre, da quella parte della mia famiglia, c’è sempre stata una sorta di medianicità, nel senso che a volte nella mia vita, così come succedeva a mia nonna materna o alla mia bisnonna, mi è capitato di pensare a qualcosa che poi succedeva, di pensare a una persona che poi materializzava o addirittura di trovare dei segnali da parte di persone che non ci sono più. Ti faccio un esempio: mio nonno, al quale ero molto legato, è morto la sera prima del mio debutto a Stoccarda con ‘Armadietto 7’, e da quel giorno sono successe tante cose per le quali secondo me c’è la sua mano. Da quando lui non c’è più, infatti, sembra quasi che mi stia continuando a fare dei ‘regali’. Sento che la sua presenza in un certo qual modo c’è, così come in passato ho spesso pensato che ci fosse quella della mia nonna materna, alla quale ero altrettanto molto legato, quindi mi è in effetti capitato di avere dei pensieri simili a quelli di Cosimo”.
A suo avviso, quali sono i punti di forza di “Armadietto 7”?
“La verità, perché questo è ‘reality theatre’. E la sensibilità di Cosimo: credo di essere riuscito a tenere lo spettatore sulle corde e secondo me il pubblico non si è annoiato, poiché lo spettacolo inizia con un incidente. Cosimo poi mostra subito il suo disturbo: si incazza, si calma, perde le staffe quando gli chiedono di usare la macchina, si va a fare la doccia per tranquillizzarsi, torna dalla doccia, trova l’armadietto aperto e ha un nuovo scatto d’ira. Insomma, è un continuo sali e scendi di umore e, quantomeno, le persone in sala non si sono addormentate! E come ho già detto, il punto di forza è la verità. Anche a proposito della nudità, c’è la disinibizione dell’attore. E poi c’è la profondità: secondo me questo spettacolo ha fatto riflettere. A mio avviso qualche spettatore, non per dinamiche simili – mi auguro -, ha rivissuto delle esperienze vedendo ‘Armadietto 7′, perché c’è una sensibilità – come ho detto -, che ritengo sia bella e anche un po’ infantile a volte. Cosimo è anche un po’ infantile”.
In questo spettacolo la sua prestazione è stata indubbiamente notevole e intensa, il pubblico la ha applaudita con calore e commozione: qual è la sua formazione come attore?
“Una sera, a cena a Roma, conosco Rossella Izzo; avevo già fatto una fiction, ‘Non dirlo al mio capo’. Sentivo, però, che dovevo lavorare, per affinare le mie doti interpretative, la mia capacità di espressione e di interpretazione. Allora Rossella mi dice che c’è un provino per la sua accademia, la Actor’s Planet, che ha sfornato anche dei bei talenti. Insomma, nel 2019 faccio il provino e vinco la borsa di studio. Dunque mi formo con loro per due anni. In accademia lavoriamo prevalentemente davanti alla macchina da presa, ho maestri come Federico Moccia, Fioretta Mari, Myriam Catania; abbiamo messo in scena un lavoro teatrale con Renato Giordano, intitolato ‘Il primo bacio’, e una rappresentazione di ‘Romeo e Giulietta’ per la quale Rossella rimase molto colpita dalla mia interpretazione di Romeo, si emozionò molto. Da lì ho iniziato a fare altri ruoli: ho recitato in ‘Don Matteo’, ho trovato un’agenzia, la Take Off, poi ho sostenuto un ruolo in un film che si intitola ‘Altri comizi d’amore’, ho fatto parecchi provini importanti, anche con Sergio Rubini. Ho continuato con il teatro, ho fatto uno spettacolo su Italo Calvino, ‘Le città invisibili’, con la regia di Alessandra Cesselon, figlia di Angelo Cesselon, uno dei più grandi pittori cinematografici che realizzava i manifesti dei film di Pasolini, di Hitchcock, di Visconti. Quest’anno ho partecipato a uno spettacolo di Salvatore Scirè, ‘Sofà ma non si dice’, presso il teatro Petrolini, a Roma, in cui ero il protagonista maschile e ora ‘Armadietto 7’, che abbiamo portato in anteprima a Stoccarda, poi a Roma e vedremo dove in futuro. Ho anche lavorato con un regista che si chiama Lorenzo Loris, un regista molto bravo che lavora soprattutto al teatro Out Off di Milano, uno spazio importante dove si sono esibiti attori e registi di un certo calibro; ho fatto due spettacoli con lui: in uno si parlava di Gianni Brera, e Lorenzo conosce la mia passione per il calcio, che è davvero il primo amore, e in un altro interpretavo Gianni Rivera”.
“Il teatro è la vita e quindi è giusto che uno faccia tutto quello che fa nella vita reale.”
Il teatro che l’ha appena ospitata, l’Off Off di Roma, è una struttura attiva da pochissimi anni ma molto proficua e con un ruolo importante nello spettacolo della capitale: da addetto ai lavori, lei come percepisce la salute del teatro in questo periodo?
“Mi auguro che durante la pandemia le persone abbiano avuto la possibilità di riflettere su tante cose, su tanti aspetti; purtroppo, come dice anche Cosimo nel mio spettacolo, ormai siamo totalmente dipendenti dal telefono, dal cellulare, non possiamo farne a meno. Io prevedo anche un nuovo benessere economico, tornerà la classe media, perché l’economia si sta muovendo e mi collego a questo per dire che la gente ha voglia di rivivere storie forti, profonde e quale posto, se non il teatro, è il migliore per vivere questo genere di situazioni e staccarsi per un’ora, un’ora e mezza da questi telefoni, da questi computer? E lo stesso vale per il cinema. È vero, ormai abbiamo Netflix, Amazon, Disney Plus, capisco che è più comodo stare a casa in pantofole, però amici miei andate al cinema a vedere i film, andate a teatro perché è molto più magico”.
Sebbene lei sia molto giovane, le sue esperienze in quanto interprete non si limitano ai palcoscenici, infatti lei ha già lavorato per il cinema, per la tv, per i documentari e per la pubblicità: in quale contesto si sente più a suo agio?
“In tutti. Poi ovviamente ogni contesto è diverso dall’altro, perché in teatro devo lavorare molto con la voce, devo esagerare i gesti e le intenzioni, anche se cerco di rimanere sempre molto neutro. Davanti alla macchina da presa, che sia cinema, fiction, uno spot pubblicitario, ogni minimo movimento di sopracciglia, di occhi, di bocca può far intendere qualcosa allo spettatore. Lì c’è veramente il minimo assoluto. Ci sto lavorando, appunto, e ci sto arrivando, per trovarmi a mio agio in tutti i contesti”.
Tornando ad “Armadietto 7”, il copione tratta in abbondanza anche il tema dello sport, quale è il suo rapporto con lo sport stesso, e quanti di quei momenti passati negli spogliatoi dei centri sportivi ci permettono di metterci davvero a nudo?
“Nasco come calciatore: ho una grandissima passione per il calcio, ci ho giocato per tanti anni ininterrottamente anche a livello professionistico giovanile; ho giocato in squadre come Siena, Sangiovannese. Il calcio è stata una parte importante della mia vita che poi ho lasciato quando mi sono trasferito a Milano a 17 anni, dove ho lavorato un po’ nella moda. Poi, come ti ho raccontato nel corso dell’intervista, ho iniziato a fare l’attore. Il calcio purtroppo l’ho mollato, ma l’ho ripreso in seguito e quando posso ci gioco ancora. Di spogliatoi, quindi, ne frequento e ne ho frequentati tanti e ho cercato di riportare nello spettacolo un po’ di situazioni che ho vissuto. Ho frequentato maggiormente spogliatoi calcistici che di palestre; tuttavia, per quanto riguarda il mettersi a nudo credo dipenda da persona a persona. Ci sono persone secondo me, magari soprattutto in palestra più che nell’ambiente calcistico, che utilizzano questo spazio, questi momenti di condivisione, anche intimi, per liberarsi, per sentirsi a proprio agio col proprio corpo”.
Lo spettacolo è anche accompagnato da numerosi e iconici brani degli anni ‘70: era un periodo musicale col quale aveva già familiarità? Quale musica ascolta di solito?
“Io sono cresciuto con due genitori che mi hanno sempre fatto ascoltare parecchia musica, soprattutto mio padre mi ha fatto ascoltare sin da piccolo Bob Marley, Jim Morrison, Jimi Hendrix, Rolling Stones, Led Zeppelin, Eric Clapton. Ma anche Simply Red, Sade, James Taylor, Fleetwood Mac, Dire Straits. E musica jazz, come ad esempio Louis Armstrong, Miles Davis, John Coltrane, Nat King Cole. Quando cresci con un padre così, diciamo, che ti rimane un rapporto importante con la musica. Poi, ovviamente, nel tempo ho sviluppato anche altri gusti musicali. Continuo ad ascoltare molta musica degli anni ’70, ’60, come Domenico Modugno, Mina, Rino Gaetano, Lucio Battisti che sono anche nello spettacolo. Dei giorni nostri adoro il genere lounge, perché amo molto un locale che si chiama Buddha Bar, che in Italia non c’è. È infatti un format, un locale stupendo con diverse sedi nel mondo e nel quale è sempre in diffusione quel tipo di musica chill lounge ed è quella che ascolto di più. Inoltre, non mi dispiace il primo Tiziano Ferro o i Coldplay”.
“Io prevedo anche un nuovo benessere economico, tornerà a classe media, perché l’economia si sta muovendo e mi collego a questo per dire che la gente ha voglia di rivivere storie forti, profonde e quale posto, se non il teatro, è il migliore per vivere questo genere di situazioni e staccarsi per un’ora, un’ora e mezza da questi telefoni, da questi computer? E lo stesso vale per il cinema. È vero, ormai abbiamo Netflix, Amazon, Disney Plus, capisco che è più comodo stare a casa in pantofole, però amici miei andate al cinema a vedere i film, andate a teatro perché è molto più magico.”
Questo spettacolo ha avuto un ottimo riscontro comportando indubbiamente sia per lei, sia per Massimo Stinco delle belle soddisfazioni: sono previste altre repliche?
“Credo di sì, ho sentito parlare di Milano, di Palermo, di Napoli; devo fare il punto della situazione con il regista. Dopo il debutto a Stoccarda e il successo a Roma è andata bene sia a livello di critica sia di pubblico, soprattutto perché siamo andati in scena proprio durante il ponte del primo maggio e nonostante questo di spettatori ne abbiamo avuti. Magari per le prossime repliche avrò a disposizione un periodo migliore così la sala la riempio proprio! Non ti nascondo che non sei la prima persona che mi sta chiedendo se si va avanti o perché vuole vedere ‘Armadietto 7’, o perché non è riuscita per via del ponte o perché vuole vedere lo spettacolo una seconda volta”.
Infine, augurandole la carriera che più desidera, quali sono i suoi impegni futuri?
“Ho un film in uscita, un mediometraggio diretto dal maestro Lamberto Lambertini, in cui interpreto uno dei più grandi e influenti operisti di tutti i tempi: Giacomo Puccini, ma per ora non posso dire di più. Lambertini è un regista raffinato che ha fatto anche tanto teatro con Beppe Barra, che si è esibito anche all’Off Off nel 2022. C’è poi la possibilità di portare avanti ‘Armadietto 7’, ne ho anche parlato in un’intervista fatta in Rai con Monica Setta per ‘Generazione Z’. Vediamo, poi, cosa bolle in pentola tra cinema e fiction!“
Gabriele Amoroso
Ringraziamo Francesco Butteri per la sua disponibilità all’intervista.