Al teatro Arcobaleno di Roma, dal 15 al 23 marzo, è andata in scena la tragedia greca ‘Elettra’. Un classico della drammaturgia antica che riprende il testo di Sofocle, ma che si arricchisce di più versioni del mito appartenenti a diverse epoche. Il risultato è una rappresentazione di semplice lettura, lineare ed efficace, ben diretta dal regista Giuseppe Argirò, con la collaborazione di Micol Pambieri e Roberto Baldassari, che si esaurisce in poco più di un’ora di spettacolo
Il teatro Arcobaleno di Roma, dal 15 al 23 marzo, ha ospitato la tragedia greca ‘Elettra’. La storia è nota: Elettra, figlia di Agamennone, re di Micene, e di Clitennestra, odia la stessa madre. Elettra si consuma nell’attesa del fratello Oreste, il quale fa ritorno in città insieme a Pilade e il Pedagogo. Su ordine di Apollo, Oreste si vede costretto a vendicare la morte del padre, ucciso da Clitennestra e dal suo amante Egisto per usurparne il trono. Sarà dunque Oreste a commettere il terribile matricidio.

A indossare i panni della protagonista è Micol Pambieri, ben calata nel ruolo della figlia che ama il padre Agamennone assassinato, appunto, da sua moglie Clitennestra, figura impersonata da una convincente Elisabetta Arosio.
Il giovane Vinicio Argirò è Oreste, colui che uccide sua madre, un gesto estremo che la sorella Crisotemi, personaggio messo in scena da Melania Fiore, cerca invano di scongiurare.
Elettra: l’arma pungente della dialettica
La tragedia si apre con Elettra in posizione fetale sul proscenio, ripiegata su se stessa dal rancore e dall’acredine che prova per la mamma, colpevole di aver ucciso il padre con l’aiuto del suo amante Egisto.
Sul palco la regina e la stessa Elettra si scontrano utilizzando l’arma pungente della dialettica: ognuna ha le sue ragioni. La madre ricorda alla figlia che Agamennone ha sacrificato la sorella Ifigenia per la sua sete di potere, e che, quindi, meritava di morire.
Elettra e Clitennestra così si accusano a vicenda, si sentono ma non si ascoltano perché il risentimento le rende sorde e cieche.
L’unica ad apparire equilibrata è Crisotemi, sorella di Elettra e Oreste – devastato anch’egli dai sentimenti estremi nei confronti di Clitennestra, che quando tenta di convincere Elettra a dimenticare le offese, viene accusata di viltà. Perciò accade quel che sembra già ineludibile dalla prima scena, in tutta la sua drammaticità: la famiglia del re di Micene si disgregra.
Elettra: gesti apicali e sentimenti al limite
Quando Oreste compie il gesto estremo, il pensiero va ai molti casi di cronaca nera che vedono protagonisti giovani come quelli descritti da Sofocle, i quali annientano famiglie spesso per motivi che dipendono soprattutto da un loro malessere personale, che a volte non hanno nulla a che vedere con i propri genitori.
Gli attori e le attrici sul palco ben interpretano questo genere di sentimenti al limite, muovendosi in un ambiente scarno ed essenziale, formato da un grande tavolo di legno, sopra il quale si consumerà la tragedia finale.
Oreste dunque vendica il padre e al corpo senza vita della madre, che giace sul tavolo, si unisce quello di Elettra che si addormenta accanto a lei.
Il mito è eterno e richiama alla mente scontri generazionali che, a volte, originano emozioni tossiche come rabbia, astio e odio che, se non elaborate e vissute in solitudine, o con la sola compagnia dei social e di tutto quello che propina la rete, possono trasformarsi in potenti armi distruttive.
Anna Merola
Foto: Aldo Emanuele Castellani
Teatro Arcobaleno
da sabato 15 a domenica 23 marzo
Elettra
da Sofocle
Drammaturgia e regia Giuseppe Argirò
con Micol Pambieri
e con Elisabetta Arosio, Melania Fiore e Vinicio Argirò
Produzione C. T. M. – Centro Teatrale Meridionale