Il 13 giugno scorso, al teatro Delle Muse capitolino, è andato in scena ‘Bucefalo, il pugilatore’, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Alessio De Caprio, che sul palco è stato accompagnato dal maestro Fabio Raspa alla fisarmonica. Il testo, ben strutturato, racconta la vita del pugile ebreo Lazaro Anticoli e del tragico episodio dell’eccidio delle Fosse Ardeatine di Roma
Il teatro Delle Muse di Roma, lo scorso 13 giugno, ha ospitato lo spettacolo ‘Bucefalo il pugilatore’, scritto, diretto e interpretato da Alessio De Caprio, che veste i panni del boxeur ebreo Lazaro Anticoli, una delle 335 vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Lo spettacolo si apre su una scenografia dominata da un ring. Qui il pugilatore, soprannominato Bucefalo, come il cavallo di Alessandro Magno, con il quale aveva in comune forza e velocità, ricorda i tempi in cui a Roma non erano state ancora promulgate le leggi razziali, volute da Mussolini e dal re Vittorio Emanuele III.
E un Lazaro, ancora adolescente, andava, armato di sassi e cerbottane, a esplorare, assieme agli amici Cesare e Giosuè, il rione di Trastevere: l’altro monno al di fuori del Ghetto, che si trovava sulla sponda opposta del Tevere.
Libero quindi di vivere la propria vita, di innamorarsi e anche di avere l’audacia di credere in un sogno, che sembrava quasi realizzarsi: proprio lui, che sbarcava il lunario vendendo stracci, era diventato un bravo e stimato pugile, che addirittura poteva aspirare al titolo di campione nazionale.
Bucefalo: Via Rasella e il destino cambia
Poi, però, il famoso e triste discorso di Mussolini a Trieste, che risale al 18 settembre 1938, in cui egli parla del “problema degli ebrei” – rendendo noto il contenuto delle leggi razziali – dà una sterzata al destino del protagonista.
I giudei, come già dal 1935 in Germania, non potevano fare praticamente nulla, figuriamoci competere come professionisti nel pugilato, mondo in cui Lazaro si era ormai fatto un nome. Così, per mantenere la famiglia che, nel frattempo aveva formato, quello che era diventato il miglior pugile del rione Trastevere, ritorna a vendere stracci. Comincia infatti ad avere paura come tutti gli ebrei.
Ma, seppur in condizioni precarie, insieme alla moglie e alla figlia, riesce a sopravvivere. Tuttavia, a un certo punto la sorte di Lazaro si va ad incrociare con l’attentato di via Rasella, messo in atto, durante la Resistenza, da un gruppo di giovani partigiani nella Roma occupata e vilipesa per ben nove mesi dai nazifascisti.
Lo scoppio di una bomba, nascosta in un carretto dell’immondizia sulla salita della stessa via, a pochi passi da piazza Barberini, uccide trentatrè tedeschi. Di conseguenza, Adolf Hitler, furioso, ordina l’immediata rappresaglia, dando l’ordine di uccidere dieci italiani per ogni militare tedesco morto.
Le vittime delle Fosse Ardeatine
Il numero è molto alto tanto che Herbert Kappler, capo della Gestapo a Roma, fatica a trovare i morti. Questi, che dovevano essere prima di tutto ebrei, con l’aggiunta di prigionieri politici, militari e detenuti comuni, alla fine saranno 335, cinque in più rispetto al conteggio iniziale. Così si cominciano a svuotare le carceri di via Tasso e di Regina Coeli.
Nel penitenziario di Trastevere Lazaro Anticoli arriva un giorno prima di essere trasferito alle Fosse Ardeatine, e fucilato, a causa della delazione di Celeste Di Porto, di origini ebraiche, che riesce a salvare la vita del fratello Angelo.
Purtroppo, proprio il pugile romano prende il suo posto nel lungo elenco delle vittime, barbaramente uccise a colpi di arma da fuoco nelle cave di pozzolana che si trovavano sulla via Ardeatina a Roma.
Un eccidio avvenuto il 24 marzo 1944 durante l’Olocausto che, tuttora, è considerata la maggiore strage nazista compiuta sul territorio italiano.
De Caprio: il viaggio della memoria
La storia, raccontata nel dettaglio, è fatta di chiaroscuri, e per buona parte dei settanta minuti della rappresentazione, agli spettatori scappa più di un sorriso, poi tutto cambia.
De Caprio, infatti, è bravissimo a misurarsi in più registri attoriali: quando racconta la vita nel Ghetto e, più in generale, nella Roma degli anni Trenta e Quaranta, l’artista si lascia spesso andare a un tono caustico, e a tratti insolente, tipico del romano di strada.
Poi, in men che non si dica, l’attore ci accompagna al triste epilogo con un’interpretazione drammatica, che di colpo si fa seria e coinvolgente. La platea, di conseguenza, viene presa per mano e condotta lungo un doveroso, e necessario, viaggio della memoria.
La condivisione dei fatti e delle situazioni
Il dialetto, giudaico-romanesco di ‘Bucefalo, il pugilatore’, è adattato al contesto dell’ambiente e dei tempi. Molte espressioni, infatti, fanno riferimento all’idioma originale, figlio della scuola dello studioso e divulgatore del dialetto Crescenzo Del Monte, famoso soprattutto per i suoi sonetti che, dopo l’Unità d’Italia, ebbero il merito di far conoscere la vita della comunità ebraica romana.
L’insieme è reso ancor più suggestivo dal suono della fisarmonica che contribuisce a ricreare quella Roma saggia e popolare di cui oggi si è perso un po’ il fascinoso ricordo.
La storia di Bucefalo, forse, non sarebbe stata tanto emblematica se il pugile non avesse inciso sul muro della cella 306 di Regina Coeli il drammatico appello: “Sono Anticoli Lazzaro, detto Bucefalo, pugilatore. Si nun arivedo la famija mia è colpa de quella venduta de Celeste Di Porto, arivendicatemi!“.
Lo spettacolo, in scena da dieci anni, ha avuto vari e diversi palcoscenici: piazze, scuole e, naturalmente, teatri. Diversi pubblici, che spesso vengono coinvolti, evocando l’abolizione della quarta parete, di pirandelliana memoria.
Perché la parola d’ordine è condivisione, di fatti e di situazioni che sembrano lontani, ma in realtà sono ancora drammaticamente vicini.
Anna Merola
Bucefalo, il pugilatore
Teatro delle Muse
13 giugno
Scritto, diretto e interpretato da Alessio De Caprio
Maestro Fabio Raspa fisarmonica